sabato 4 luglio 2015

Finisterre, fine della Terra.

"Avrai sorrisi sul tuo viso come ad agosto grilli e stelle, storie fotografate dentro un album rilegato in pelle,  tuoni di aerei supersonici che ti fanno alzar la testa, il buio all'alba che si fa d'argento alla finestra" C. Baglioni


Tramonto a Finisterre

I romani chiamarono questo posto "Finisterre" ossia fine della terra. All'epoca si pensava che ci fossero delle grandi cascate al di là dell'oceano Atlantico. E' la punta più ad Ovest dell'intera penisola Europea, eccezion fatta per le isole di Irlanda e della vulcanica Islanda.
La mattina seguente parto per Finisterre di nuovo zaino in spalla, per affrontare questi ultimi 90 km. Subito dopo la cattedrale, mi inoltro in un sentiero che porta in un bosco di eucalipti, tipici alberi dell'Australia arrivati in Europa solo nel 20esimo secolo, ed usati nei nostri boschi per rimpiazzare velocemente la nostra vegetazione distrutta dagli incendi. L'eucalipto infatti, cresce rapidamente e permette così di recuperare prima possibile delle zone di bosco andate in fumo. 
L'umidità è molto accentuata, nonostante sia una bella giornata di sole di inizio luglio. Mi fermo per fare uno spuntino in un bar, incontro una ragazza Sarda che torna indietro a piedi da Finisterre verso destinazione ignota. E' in cammino da 2 mesi e non ha assolutamente voglia di ritornare a casa ad una vita normale. Non la biasimo per niente. Sta viaggiando colma di speranza entrando nell'ignoto. Il modo in cui la maggior parte della gente vive la propria vita è calcolatore, e questa stessa espressione sembra riassumere tutta l'esistenza umana. Mi chiede un'offerta per un braccialetto costruito da lei con degli strani fili colorati. Gli do 5 euro. Mi ringrazia come se avesse ricevuto 50. Ci salutiamo, lei andando verso est, io verso ovest. La meta principale di oggi, per chi segue le classiche guide, è Negreira ad appena 22 km da Santiago. Arrivo nel primo pomeriggio ma decido di proseguire ancora oltre, anche se devo tener conto che, sono veramente poche da qui in poi le strutture ricettive. Ma anche io sono entrato nell'umore del vagabonding. Non mi faccio sicuramente prendere dal panico. Infatti dopo altre 3 ore di cammino, intervallate da molte soste per gustarmi il paesaggio della Galizia, arrivo a San Vicente dove pernotto in un albergue, l'unico del villaggio con un bar che prepara 4 piatti per la cena.  

Bellezza e grazia si manifestano, che noi c'è ne accorgiamo o no. Il minimo che possiamo fare è cercare di esserci.

Il mattino seguente cammino verso Oliveroa. Paesaggio tipico della Galizia, si vedono molte Horreos, ossia le tipiche costruzioni in legno o pietra che poggiano su pilastri in pietra per attenuare l'umidità e per evitare l'entrata degli animali, con fessure nelle pareti per ventilare gli ambienti interni. Sembrano urne funerarie giganti, ma vengono usate soprattutto per conservare il foraggio per il bestiame ed anche come cantina. Arrivo a Oliveroa nel primo pomeriggio ma decido di proseguire verso O Logoso che si trova a 5 km. Costeggio il fiume Xallas e cammino in una zona piena di pale eoliche. Sembra che non ci sia nulla dietro le colline, cammino sapendo che c'è un villaggio a pochi km solo dalle mappe ma non si trova niente che possa presagire la presenza umana nei dintorni. Pchi minuti e invece dietro alcuni alberi trovo il borgo di Ologoso, dove l'unico albergue del posto ha ancora letti per la notte. Accanto all'albergue una grande capanna per il bestiame da ospitalità a centinaia di mosche che vorrebbero anche allietare il mio riposo pomeridiano. Dopo un'ora dal mio arrivo al villaggio, un forte temporale con pioggia rinfresca l'aria di Luglio. Tipico in Galizia dice l'hospitalera. Due ragazze parlano e bevono un caffè sedute nel baretto dell'albergue. Una di loro l'ho conosciuta qualche giorno fà prima di Santiago. E' Irlandese, amica della figlia dei proprietari della mia azienda. Passo la notte che continua nel suo tipico modo Gallego di scaricare acqua e tuoni. Al mattino parto con una fittissima nebbia. Subito dopo pochi km un incrocio mi indica due diverse direzioni, uno verso Finisterre e l'altro verso Muxia. Prendo a sinistra verso Finisterre, o Fisterra in Gallego, ed il percorso tra pini ed eucalipti arriva fino al Cruzeiro di Marco do Couto. Da lì si comincia a vedere l'azzurro dell'oceano Atlantico.

In lontananza l'Oceano Atlantico

Scendendo verso il mare supero due cittadine, Cee, dove incontro un tizio di Milano sposato con una Spagnola che vive lì da 40 anni, e Corcurbion, un paesino che letteralmente significa "in fondo al lago". Era abitata da Celti, ed oggi è patrimonio storico e artistico dal 1984. Merita una pausa per il pranzo. Inizio a costeggiare l'oceano fino a Finisterre che si trova a circa 12 km. Nel pomeriggio arrivo finalmente a destinazione. Nelle prime spiagge della città reincontro Nikole, la ragazza americana insieme a suo marito, venuto a trovarla in questi ultimi giorni di cammino. Incontro  molte facce conosciute nella cittadina di Finisterre. Eros e Antonio ormai sono lì da due giorni. Eros mi accompagna a ritirare il certificato che attesta quest'ultimo tratto di cammino e insieme nel pomeriggio, dopo aver preso posto nello stesso albergue andiamo al faro del km zero.

Kilometro zero, Finisterre.

La scena è mozzafiato. Un faro alla fine di una lunga strada, illumina l'Oceano Atlantico. Il sole è sulla via dell'abbandono all'orizzonte. La struttura ospita un museo su questo cammino secolare. Ci fermiamo una mezz'oretta solo per alcune foto e sedendomi sugli scogli attorno al faro guardo l'immensità del mare, immagino ancora i Romani che se avessero avuto la perseveranza di Colombo magari sarebbero arrivati alcuni secoli prima dall'altra parte. Immagino la storia con un esito diverso. Eppure navigavano il Mediterraneo con facilità i Romani, dall'Egitto alle nostre coste e viceversa con semplicità quasi moderna. Si certo, l'Atlantico non è il Mediterraneo. Ma la credenza delle immense cascate al di là dell'Oceano su cosa su basava? 
Rientriamo in città, l'appuntamento è alla spiaggia dove assistere al tramonto, per le 8. Qualcuno ha già acceso il fuoco per bruciare qualche indumento usato nel cammino, come tradizione vuole. Qualcuno si è già tuffato nell'oceano a corpo nudo sempre osservando la tradizione. Io decido di sedermi ed osservare il tramonto. In quel momento sembra il tramonto più bello di sempre. Sono orgoglioso e soddisfatto di trovarmi qui.  Questa esperienza non è soltanto ciò che vedo, ma anche ciò che ho scelto di lasciarmi alle spalle. Non bisogna invecchiare tirando fuori delle scuse. Bisogna agire, non soltanto parlare. Bisogna fare dei sacrifici, certamente si, ma ne vale la pena. L'unico modo per scoprirlo è partire. Una delle soddisfazioni più importanti della mia vita è lavorare duro per raggiungere un obiettivo andando avanti da solo, soprattutto arrivando in cima alla montagna contro ogni aspettativa. Siate liberi e non lasciatevi fermare dai complessi o da ciò che potrebbero dire di voi. Ricordatevi che voi siete l'unico mezzo in grado di portarvi alla vostra meta. 

Domenico

Il sole piano scende dietro le nuvole che sembrano un fiatone di corsa allo stremo
L'immagine sembra dipinta direttamente sugli occhi, su una tela blu scuro come lo specchio dell'acqua
L'aria è quasi sparita dentro le onde dell'oceano che saltano di gioia,
per un momento sembra che l'esistenza non sia il solito ripetersi delle stesse identiche azioni.








mercoledì 1 luglio 2015

Un giorno a Santiago

"Sei tu che spingi avanti il cuore ed il lavoro duro, di essere uomo e non sapere cosa sarà il futuro" C. Baglioni


L'urna con i resti dell'apostolo Giacomo, (Santiago in Castellano)

E' uno dei massimi santuari della religione Cristiana di rito Cattolico al mondo, la Cattedrale di Santiago de Compostela conserva nella sua cripta i resti di Giacomo il Maggiore, uno dei 12 apostoli di Cristo. Il rito tipico di ogni pellegrino è abbracciare la statua da dietro mentre si passa dietro l'altare maggiore da dove si affaccia imponente nella navata centrale.

Statua di Santiago vista da dietro

Il giorno di arrivo passa velocemente visitando la cattedrale e salutando man mano che arrivavano tutti i compagni di cammino. La sera si cena insieme in uno dei ristoranti del posto, tapas e birra con un bel gruppetto finalmente riformatosi dopo parecchi giorni. Ci stiamo io, Eros, Antonio, Giulia e alcune pellegrine milanesi incontrate parecchie volte lungo la via. 
All'indomani mi alzo con molta calma e dopo una nuova visita di rito alla cattedrale esco per cercare il mercato di Santiago dove ogni giorno servono il tradizionale Pulpo alla Gallega, polipo fresco cotto nel suo brodo, tagliato al momento e condito con paprica, sale, pepe e olio. Un piatto tipico servito al modo di street food. Lungo le viuzze del centro noto i vari esercizi commerciali impegnati a trarre il maggior profitto da questa enorme invasione di pellegrini. Molti sono in coda all'ufficio informazione per tutti i dettagli che servono per il cammino che porta fino all'oceano atlantico, solo a 90 km da Santiago. Cammino fattibile in 3 giorni, con tranquillità. Decido anche io di prendere tutto il necessario per questi tre giorni e domani partire per Finisterre. Eros decide di andare in montain bike, affittandola in loco, facendo gli ultimi 90 km in maniera alternativa. Antonio andrà a Finisterre in bus insieme a Giulia, in quanto stanco e con molti dolori fisici. L'appuntamento è tra 3 giorni alla spiaggia di Finisterre per il tramonto. Mi fermo a comprare qualche suovenir. Davanti alla cattedrale noto sempre fin da ieri un carretto con molti suovenirs del Cammino. Sembra abbia il monopolio anche perchè da due giorni non vedo nessun altro. Incontro di nuovo Bianca la ragazza olandese con il piccolo problema all'anca, è arrivata anche lei con le sue gambe ed ora andrà a Finisterre in bus. La sera la mia ragazza mi telefona insieme ai miei amici dall'Irlanda mentre è a cena mangiando parmigiana. La nostalgia doppiamente mi assale mentre giro nei vicoli di Santiago, mi rendo conto che l'avventura sta per finire e che tra poco comunque riavrò la mia solita vita, con la parmigiana, i miei amici, la mia ragazza soprattutto e la mia casa. Ma doppiamente vuol dire che anche tutto questo sta per terminare. Anche se come dopo un concerto di musica classica, l'applauso sta ancora durando e i musicisti stanno preparando un'altro pezzo, così per me è la giornata di domani con i 3 giorni che mi separano da Finisterre. Guardo il cielo stellatissimo da dietro la cattedrale, mi fermo ancora un'attimo a pensare dove mi trovo e cosa ho fatto, ricordandomi da dove son partito, osservando sulle mappe l'intero percorso, che sembra ormai concluso, come una piccola passeggiata primaverile, ma consapevole che l'aver fatto tutta quella strada è come  aver lasciato dietro le spalle emozioni, ricordi, dolori, incontri, conoscenze e città vissute come un lampo. Le finestre sono ormai chiuse come gli occhi di chi dorme aspettando domani, e decido anche io di ritornare sulla terra e andare a riposare per il cammino di Finisterrre.  

Piazza davanti la cattedrale di Santiago


martedì 30 giugno 2015

Santiago de Compostela, 810 km, 31 giorni!

"Per questo devo tornare, a tanti luoghi futuri, per incontrarmi con me stesso, ed esaminarmi senza sosta, senz'altro testimone che la luna, e poi fischiare di gioia calpestando pietre e zolle, senz'altro compito che esistere, senz'altra famiglia che la strada." Pablo Neruda


Monte do Gozo, Monumento dei Pellegrini

Statue dei Pellegrini che indicano la Cattedrale di Santiago

Questo è il primo posto da dove poter vedere le 3 guglie della cattedrale di Santiago per la prima volta, il Monte do Gozo, a 5 km dalla cattedrale. Chiunque abbia visto il film sul cammino di Santiago con Martin Sheen come attore protagonista e con la regia di Emilio Estevez, ricorda sicuramente la scena di arrivo a Santiago, proprio da qui. Ma il percorso tradizionale passa a 300 metri di distanza dalle statue, ed oggi, giorno di arrivo a Santiago non sono riuscito a vederle, sia per la fitta nebbia, e sia per non esser riuscito a capire dove realmente fossero. Infatti le foto sono di qualche giorno dopo, esattamente il giorno in cui sono tornato da Finisterre.
E' martedì 30 giugno del 2015, esattamente le 7 del mattino e si cammina con il gruppo della sera precedente verso Santiago. Una fitta nebbia ci accompagna fino al Monte Gozo dove ci fermiamo per un caffè proprio di fronte alla statua commemorativa di Giovanni Paolo II, venuto a fare un pezzo del cammino di Santiago nel 1989. La statua oltre a commemorare Giovanni Paolo II, ricorda anche il pellegrinaggio fatto da San Francesco da Assisi nel 1200 circa, partito a piedi da Roma.

Statua dedicata a Giovanni Paolo II

Tanti sono i volti felici, strani, incuriositi ed euforici, tutti a guardarsi come a cercare una risposta alle loro mille domande, tra di loro ci sono anche io, che cerco risposte, ma non ho l'urgenza di averle. Molti di quei volti li ho incontrati parecchie volte, alcuni sono nuovi, altri addirittura compagni di cammino dalla Francia. I fisici zoppicano, si trascinano, sono stanchi. Le facce il contrario. Forse alcune dispiaciute, perchè è quasi finita quell'avventura dall'aspetto misterioso. Quasi, perchè altri 90 km ci separano dall'oceano atlantico. Dopo il caffè inizia la discesa verso la cattedrale, attraversando la città dalla parte nuova fino al centro storico. 

L'entrata in città

Camminando verso la cattedrale noto tantissimi rifugi e albergues per Pellegrini, la strada è segnalata con le classiche conchiglie sulla pavimentazione fatta apposta per i pellegrini, la gente con zaino e bastoni da trekking supera di gran lunga i pedoni del posto che ormai sembrano abituati a quella processione. Lentamente la nebbia va via, lasciando spazio al sole tipico di Giugno. La maestosa piazza di fronte alla Cattedrale è strapiena di pellegrini, e mentre guardo la cattedrale mi rendo conto di come alla mia sinistra arriva sempre più gente, con sguardo quasi assente e un sorriso naturale, lo stesso che si ha nel momento in cui si scopre per la prima volta un evento mai visto, con la coscienza di non sapere esattamente cos'è, vivendo ogni istante con la stessa tranquillità che si ha quando si fugge dai consigli sensati.

La cattedrale di Santiago, purtroppo con dei lavori in corso

Dietro le impalcature si trova il portico della gloria, una maestosa opera di rara bellezza e ricchezza architettonica, costituito da tre aperture così suddivise da sinistra a destra: il limbo, il purgatorio e il paradiso. Ogni pellegrino, sin dal medioevo, effettuava l'ingresso nella cattedrale attraverso il lato sinistro per poi poter uscire dopo essersi purificato, dal lato destro.
A causa dei lavori in corso, la tipica entrata alla cattedrale attraverso il portico della Gloria non avviene, e quindi ci limitiamo ad entrare attraverso l'entrata laterale per poter assistere al classico rito del Botafumeiro. Un grandissimo incensiere proprio al centro dell'altare maggiore, viene sollevato da 5 o 6 persone attraverso una grande corda in modo da farlo andare avanti e indietro nelle navate laterali. https://www.youtube.com/watch?v=dRzb74CT3Ck
Sembrerebbe una sorta di benedizione ai pellegrini arrivati fino a qui da tutte le parti del mondo, ma è una tipica usanza nata nel medioevo. Infatti si dice che, nell'epoca medievale i pellegrini arrivati in cammino fino a Santiago emanavano un forte e cattivo odore, avendo percorso l'intero cammino con soltanto degli stracci addosso ed essendosi lavati solo ogni volta che incontravano i fiumi o i laghi. I comfort di oggi non c'erano, non esisteva l'acqua corrente, i detergenti e soprattutto non esisteva avere vestiti di ricambio. Immaginate migliaia di pellegrini tutti dentro una cattedrale così, quali odori sgradevoli potessero emanare. L'allora vescovo di Santiago decise di installare questo enorme incensiere in modo da poter purificare l'aria dentro la cattedrale. Dentro la chiesa ci sono volti felici, euforici, alcuni stupiti, altri a ringraziare un'ipotetica divinità per questa bellissima avventura, tutti curiosi di cosa potesse ancora riservare l'arrivo in questa maestosa Cattedrale. Io mi sento un pò tutto, la curiosità comunque prende il sopravvento, e cerco di capire ancora di più su questo posto. Una messa a celebrare l'arrivo dei pellegrini di oggi è prevista per le 12 con subito dopo il rito del Botafumeiro.  

Certificato detto Compostela

Facciata Gotica della Cattedrale di Santiago, in restauro.

Dopo aver salutato, ringraziato, abbracciato tutti i compagni di avventura, vado a trovare una stanza in un hotel proprio accanto alla cattedrale, ed insieme a me viene anche Eros,  prendiamo una doppia. Lascio le valigie nella reception e vado all'ufficio del pellegrino per ritirare l'attestato. Una fila quasi interminabile ma che scorre molto veloce per fortuna, infatti dopo mezz'ora sono pronto e insieme ad Eros vado di nuovo nella cattedrale per i classici riti che ogni giorno danno il benvenuto ai pellegrini. La cattedrale è piena di gente, quasi tutti in abbigliamento da trekking, ascoltando le parole di benvenuto di un sacerdote Spagnolo che saluta in tutte le lingue ufficiali dell'europa occidentale.

Interno della Cattedrale di Santiago

Riesco finalmente a darmi una ripulita a barba e capelli, cosa che non avviene da più di un mese. Avevo promesso a me stesso che avrei trovato un barbiere non appena arrivato a Santiago. La giornata passa veloce, molti dei compagni di cammino all'indomani partiranno per Finisterre, io decido di aspettare un altro giorno a Santiago, godendomi un meritato riposo e la città, il centro storico e le facce dei nuovi pellegrini che arrivano davanti alla cattedrale. 

I wish I was a fisherman tumblin' on the seas
















lunedì 29 giugno 2015

Ancora un giorno, Ribadiso De Baixo e Lavacolla.

"Qui in questa notte di note a guardarmi la vita dentro le mani vuote ma che cos'è mai che mi fa credere ancora, mi riga gli occhi d'amore e mi addormenterà dalla parte del cuore" C. Baglioni


Ponte di Melide

Il mattino seguente, appena uscito dall'albergue di San Xiao trovo di nuovo la foschia mattutina. Il cimitero è a due passi proprio nel cuore del villaggio, e subito dopo inizia un bel percorso nel bosco che porta verso Melide, un importante punto di incontro e di passaggio di due vie che portano a Santiago, quella tradizionale francese, e la via primitiva. Dopo aver ricevuto notizie di Eros e Antonio indietro solo di poco, noto di aver lasciato cadere per strada uno dei miei 2 bastoni da trekking che in quel momento erano legati dietro lo zaino. Torno indietro prefissandomi solo 10 minuti di cammino in caso riesca a recuperarlo, ricordandomi di essere entrato dentro un cespuglio per un bisogno fisiologico, e di aver trascinato lo zaino per qualche metro nei rami fitti del bosco. Nel mentre torno indietro incontro Eros e Antonio che avevano recuperato terreno. Gli dico di aspettarmi al primo bar dove sarei arrivato in poco tempo. Trovato il punto dove potevo aver fatto cadere il bastone, entro e fortunatamente lo ritrovo. Riparto subito e appena uscito dal cespuglio ritrovo nuovamente la ragazza olandese di qualche giorno fa, Bianca, che sta ancora facendo stretching. Mi dice di avere avuto dei problemi all'anca e di sentirsi poco in forma. Facciamo un pezzo di strada insieme fino al primo bar dove pensavo di ritrovare Eros e Antonio che si erano già dileguati. A quel punto faccio uno spuntino e riparto anche io lasciando l'olandese indietro. Ritrovo Eros e Antonio a Melide dopo qualche ora dove c'è una bella festa di paese con prodotti tipici, vino, musica e costumi medievali.
Signora dell'alta borghesia medievale in posa con i 3 calabresi

Dopo una bella sosta rigenerante riparto da solo verso Arzua, attraversando tutta la città nuova di Melide. Il sole è già alto e la foschia è sparita completamente dando spazio ai meravigliosi colori di inizio estate. Un'altra chiesa con cimitero adiacente mi viene sotto gli occhi proprio in mezzo alla via, Santa Maria di Melide, mi fermo un'attimo per approfittare del classico fresco che di solito si trova nelle chiese soprattutto quelle con le capriate lignee, e del silenzio che c'è quando sono prive di funzioni religiose. Per un pò mi fermo ad osservare il cimitero, cerco di immaginare quante vite, quanti dolori, quante emozioni, quante risate, quanti pianti, quante gioie sono passate da quei corpi ormai in decomposizione e ricordati soltanto da un nome scritto da qualcuno sotto commissione su delle lapidi di marmo. Nulla succede per caso. Anche in quel momento. Riparto, pensando a tutto ciò che ho fatto fin'ora. Cercando un perchè ad alcuni momenti vissuti in questi 30 giorni e non solo. Mi domando perchè anche su quel momento. Proseguo ancora attraversando Raido, mi fermo ad una fontana per una bella rinfrescatina ed un massaggio alle gambe, continuo verso Castaneda e decido di fermarmi ancora per un gelato ed un caffè. Arrivano intanto Eros e Antonio. Insieme arriviamo a Ribadiso de Baixo, un piccolo villaggio davanti al letto di un fiume, con 2 albergues e un bar ristorante in delle strutture di pietra tipiche del tardo mediovevo. La cosa curiosa sono delle tende proprio davanti al fiume. Ed io decido di fermarmi lì. Eros e Antonio proseguono verso Arzua che è a soli 4 km. L'hospitalera mi dice subito che l'albergue è al completo ma se voglio posso utilizzare la tenda giù al fiume, pagando 5 euro per la doccia. Ottimo, è proprio quello che volevo.  Dopo una bella doccia monto subito la mia tenda, e nel mentre noto un gruppo di Italiani, credo sia una scuola, che ha preso posto dentro l'albegue. Accampati con le tende ci sono degli austriaci, degli olandesi, una ragazza spagnola, un tizio Israeliano e un paio di Italiani. Vado all'unico bar-ristorante del villaggio per ritrovare qualche compagno di avventura. Nikole, Bianca ed altri, tra cui uno spagnolo incontrato la sera prima insieme ad una ragazza Irlandese amica della figlia dei titolari dell'azienda per cui lavoro, insomma un bel gruppo. Ceniamo insieme e passiamo la serata con vino e canti tipici Spagnoli che un gruppo di signore mezza età sta intonando in un tavolone dove gli unici 2 uomini di quel banchetto sono diventati talmente piccoli e invisibili sotto i decibel di quelle donne ormai al climaterio. Dopo il tramonto cala una forte umidità. Sistemo il tutto per dormire. Mi fermo una mezz'oretta al bordo del fiume. Dall'altra parte ci sono delle mucche al pascolo che ogni tanto bevono fissandomi e poi girandosi l'una con l'altra come se stessero spettegolando su di me. Accanto a me il mio zaino e tutto ciò che ho in quel momento. Quel poco che rimane delle stelle cerca invano di risaltare nella nebbia che ormai sta calando sempre più fitta. Decido di entrare dentro la tenda e di sistemarmi per dormire. Il segnale wi fi non arriva. Ma a cosa serve il wi fi se comunque in quel momento hai tutto ciò che ti serve per stare bene, per essere felice e per non pensare a null'altro che alla tua vita in maniera tranquilla, fantasticare e trovare la positività in tutto? Ed il matto che c'è in me che si chiede che cos'è vuole diventare qualche cosa. Apro di nuovo la tenda. Esco per usare il bagno. Prima di rientrare noto uno spicchio di luna nuova in mezzo alle nuvole di nebbia. Quanto è bella la luna. Quanto è bella in quel momento. Sembra quasi di poterla accarezzare. Rientro e provo ad addormentarmi. Ci riesco dopo un bel pò. Infatti mi risveglio intorno alle 6 e mezza con il rumore dei campanacci delle mucche che la sera prima discutevano su di me. Sistemo prima me stesso e poi lo zaino. Smonto la tenda. Mi fermo al bar per una lunga e saziante colazione. Tortilla, bocadillo, zumo de naraja e caffè. Saluto Bianca che sta facendo colazione e parto verso Arzua. 

23,5 Km a Santiago, segnale tra Arzua e Pedrouzo

Da Ribadiso si sale per circa 4 km fino ad Arzua, sento Eros che con Antonio è già in cammino da più di un'ora, mi dice che rallenterà il passo per aspettarmi. Appena passato Arzua c'è un punto dove delle suore stanno raccogliendo informazioni e offerte sui pellegrini. Sono Italiane, una di loro è stata in Calabria, nel Cosentino. Subito dopo trovo una fontana di acqua corrente, freschissima, bevo e riempio la mia bottiglia. Incontro Eros e Antonio in un bar fermi ad aspettare che io arrivassi. Decido di passare con loro l'arrivo a Santiago, credo ormai per domani. Molta gente partita insieme a noi e incontrata durante la parte iniziale del cammino è già a Santiago. E' una giornata molto calda e umida, il sole è molto forte, e cerchiamo molto spesso riparo dentro ai boschi. Poco prima di Pedrouzo ci fermiamo in un bosco per quasi un'ora. Santiago è vicinissimo, vorremmo andare oltre Pedrouzo per poi domani mattina poter arrivare a Santiago in mattinata. Giulia, la ragazza veneta Fisioterapista è avanti ed ha trovato un piccolo posto a Lavacolla, la zona dell'aereoporto di Santiago a 10 km dalla città. Gli diciamo di tenerci i posti letto così da non essere preoccupati anche se dovessimo arrivare in ritardo. Infatti arriviamo a destinazione intorno alle 19, e dopo una doccia ed il bucato cerchiamo subito un ristorante per poter cenare in quanto affamati e stanchi da una lunga e calda giornata. Insieme a Nikole, la ragazza americana, ceniamo in un bel ristorante Gallego, pesce e vino bianco della zona, Alvarino. Dopo un'abbondante cena, quasi a celebrare l'arrivo a Santiago, a brindare a questi giorni che dalla Francia fino a qui ci hanno regalato emozioni, momenti, esperienze, decidiamo di andare a letto per poterci ritrovare il mattino seguente presto, e percorrere questi ultimi 10 km insieme fino alla cattedrale di Santiago.

Attimi di follia






sabato 27 giugno 2015

Verso Portomarin e San Xiao do Camino.

"In questa notte di ragnatele, di fili notturni sul mio viso, l'alito largo del vento mi segue annusando i pantaloni, e quante dita stanno acchiappando note che cadono giù dal paradiso, e le giornate si chiudono dentro le serrature dei portoni" C. Baglioni


Bosco in Galizia, verso Portomarin

La mattina seguente dopo una bella colazione insieme al gruppo della sera precedente, ci incamminiamo verso Portomarin, con molta calma e osservando il paesaggio boschivo della Galizia. Sono meno di 20 km fino a Portomarin ed un paio di villaggi prima ci fermiamo in aerea di ristoro con amache ed un bel giardino per pranzare e riposare. Incontro parecchia gente conosciuta durante l'intero percorso, dalla ragazza Italo-Americana Nikole ad una coppia di Brasiliani che viaggia insieme ad un'altra coppia, lei Olandese, lui Belga. La ragazza Brasiliana ha origini calabresi ed ogni tanto mi parla in dialetto, credo dalla zona del Crotonese da quel poco che riesce a dire in arcaico. Sono rimasto più di 2 ore in questo posto, sia ad osservare i pellegrini che come dei viandanti affaticati trovavano ristoro e riposo in quest'oasi, ed anche ad osservare le facce stanche dei lavoratori del bar-ristorante che sembravano uguali alla mia o di chi come me lavora nel settore ospitalità, sorriso falso di cortesia (non sempre in Spagna ed Italia comunque), occhi rossi dalla stanchezza e dalla frustrazione, mai un week end disponibile per cercare di capire il perchè uno è nato, e il pensiero all'indomani mattina quando suonerà la sveglia per ripetere la stessa identica cosa del giorno prima. Lasciata l'oasi si riprosegue e dopo qualche kilometro arriviamo a Portomarin.

Fiume Mino che attraversa Portomarin

Scendendo da Vilacha si intravede un maestoso ponte di epoca Romana poi distrutto e ricostrito nel medioevo da dove nasce il nome della città, appunto Portomarin. Una rinfrescatina giù al fiume e poi partenza verso Ligonde almeno questa è la mia idea. Eros rimane insieme ad altri proprio lì, stanco e distrutto. Io proseguo oltre ma dopo pochi kilometri mi accorgo che comunque è pomeriggio inoltrato e che dovrei cercare di trovare una soluzione al più presto essendo in questa ultima parte del cammino. Potrei rischiare di rimanere senza un posto letto. Ma la cosa mi affascina pure. Una cosa curiosa incontrata lungo la via è una macchina che spruzza una sorta di medicinale lungo il bordo della strada, ed io mentre passo mi faccio mille pensieri su che genere di prodotto sto respirando, e sul perchè i tizi che la passano hanno una mascherina sul naso. Entro in un bosco, sono le sei e mezza del pomeriggio, da lontano noto una ragazza a terra con il suo zaino accanto, mi avvicino e scopro che si tratta di Bianca, la ragazza Olandese della sera precedente, che sta facendo un pò di stretching perchè ha dei crampi. Mi confessa che è un pò preoccupata perchè non vorrebbe dormire fuori, in quanto tardi e con moltissimi pellegrini in cerca di una sistemazione. La stessa cosa l'ho pensata anche io, ma sono meno preoccupato. Dalle mappe e dal telefono noto che sono vicinissimo a Gonzar, una piccolissima contrada a 8 kilometri da Portomarin. Mancano solo 2 km all'unico posto che fa da albergue e ristorante, una sorta di agriturismo con una camerata grande per i pellegrini. Sono le 7 e un quarto di sera quando insieme a Bianca arrivo per chiedere un letto con la preoccupazione che fosse tutto occupato. L'hospitalera ci dice che hanno ancora 3 o 4 letti disponibili, e nel mentre,  arrivano i 2 Spagnoli, Jesus e Vanessa. I letti per fortuna sono 4, ma la coppia di Spagnoli ha poca disponibilità in contanti, giusto quella per pagare i letti ma non per cenare. Il posto non accetta carte di credito. Mi faccio avanti per aiutarli in quanto volevano anche poter cenare e non avevano la forza di continuare per trovare un villaggio o un posto che accettasse le carte come metodo di pagamento. Anche se gli hospitaleri gli stavano offrendo comunque del pane con qualcosa, gli do ugualmente 50 euro in modo che non fossero preoccupati, e gli dico pure di stare tranquilli che da qui a Santiago, anche se mancano pochi giorni me li avrebbero ridati. Dopo una bella doccia, chiedo ai gestori di indicarmi il posto dove poter lavare e stendere i panni, mi indicano un posticino dietro l'albergue. Ci vado e trovo i lavabi con un grosso filo dove già sta appeso il bucato degli altri viandanti, ed attorno i muri rivestiti in marmo con fiori e candele. Già, eravamo nel cimitero del villaggio. Come già accennato il cimitero si trova dentro il paese in Galizia, e cercando di scoprire perchè, alcuni indigeni del posto mi spiegano che il vero significato di quest'antica tradizione di origine Celtica, è far capire a tutti che la vita e la morte viaggiano di pari passo, e che la morte è un momento della vita che tutti devono affrontare, nessuno escluso. Immagino le facce dei superstiziosi e dei tanafobici. Con il calare della sera, subito dopo il tramonto, si notavano molto bene le lucine dei vari loculi. La cena è a base di carne, un bel bisteccone di oltre 300 grammi di manzo alla griglia con un insalata. Ceniamo lo stesso gruppo della sera prima, escluso Eros, quindi io, Bianca e gli spagnoli, ma ognuno ordina a singhiozzo e per se, usiamo solo lo stesso tavolo in comune. Due bei bicchieri di vino rosso e poi a letto a riposare. Ma purtroppo non va proprio così. Tantissimi sono i rumori ancestrali, quasi come il primo tempo della quinta sinfonia di Beethoven. Decido di alzarmi, ormai in preda al nervosismo, e di uscire dalla camerata. Infatti proprio davanti alla stanza c'è una grande divano dove credo di potermi rilassare e magari provare a dormire. Non riesco proprio a prendere sonno,eppure sono molto stanco. Dopo un pò provo ad aprire la porta ed uscire dall'albergue cercando di fare il meno rumore possibile. La prima cosa che incontro, dopo naturalmente aver visto le lucine rosse delle lapidi mortuarie, sono due o tre gatti che mi guardano con l'aria affamata. Faccio una passeggiata intorno al Pueblo, sono si e no 5 o 6 case abitate, un cimitero e quell'albergue. Ci sono delle panchine proprio lì davanti al cimitero dove mi fermo per guardare un cielo stellatissimo senza luna, e pensare il perchè mi sto trovando nel cuore della notte in un cimitero della Galizia da solo, con uno zaino che in quel momento rappresenta tutto ciò che ho, e che cosa sto andando a fare a Santiago, ormai distante 2 o 3 giorni di cammino, tutto quello che mi è successo, tutto ciò che ho visto e incontrato durante questi giorni. Quel momento. Quell'attimo. Quell'attimo di eterno che non c'è. Non sono purtroppo uno scrittore, cerco per la prima volta in vita mia di riportare una esperienza diversa dal solito su questo blog, non saprei minimante da dove iniziare per scrivere in maniera corretta, usando una giusta sintassi e soprattutto una giusta grammatica. Però credo che mai come questa notte avrei voluto essere in grado di poter esprimere tutto ciò che mi sta passando per la mente e per il corpo, con le giuste parole. 
Mi accorgo che sta calando una fitta nebbia, un umidità tipica della mattina. E' anche questo un classico della Galizia. Siamo vicini all'oceano atlantico e il clima umido risalta soprattutto la mattina presto. Ed infatti sono quasi le 4. Decido ormai stanco di rientrare e cercare di dormire un pò. Ho passato una notte in bianco. Alla fine comunque, una bella notte in bianco. 
Rintro in camerata in silenzio. Mi metto sul letto con ancora un quintetto di fiati a fare da accompagnamento alla notte che sta per passare. Sto per addormentarmi e qualcuno si sveglia perchè ormai quasi le 5. In dormiveglia arrivo fino alle 7 e 30 quando ormai sono l'unico ancora in branda. Decido di saltare giù dal letto e con grande forza di volontà faccio una doccia rigenerante, mi cambio e parto deciso ed in piena forma. Almeno per le prime due ore. 
L'umidità è ancora nell'aria, mi incammino verso Ligonde, e affamato e stanchissimo mi fermo per la colazione in un piccolo bar qualche villaggio prima. Sento Eros che ha reincontrato Antonio e si trovano pochi kilometri dietro. Decido di rimettermi in marcia, la nebbia con il salire del sole piano piano scompare, e la giornata diventa finalmente mediterranea. Sento molto la stanchezza ed il fatto che la notte non abbia dormito quasi per niente. 

Tipico gruppo sui 100km di strada prima di Santiago

Tantissimi sono i gruppi che incontro oggi. Santiago e a 60 km circa. Passati diversi villaggi tra i quali Ligonde, arrivo più o meno all'ora di pranzo a Palas de Rei, trovo moltissimi compagni di avventura già sistemati per la notte. Riparto  da Palas de Rei verso Casanova, e all'uscita del paese incontro nuovamente la coppia di Spagnoli Jesus e Vanessa ai quali avevo prestato i 50 euro la sera prima. Mi chiamano subito per restituirmi il dovuto. Ringraziandoli li invito a camminare insieme per un pò, loro sono diretti a Melide, vorrebbero arrivare a Santiago dopodomani. A San Xil del Camino, o San Xiling, (essendo in Galizia troverete molte volte scritto il nome del paese sia in Spagnolo che in Gallego, che è il dialetto della regione, simile al Portoghese) decido di fermarmi in un piccolissimo albergue dove incontro di nuovo la coppia Brasiliana. L'albergue ha 12 posti letto, un bar-osteria ed una giardino con un lavabo e la zona per stendere il bucato. Molto pulito e ordinato rispetto ai soliti albergue del cammino. Non esco per niente dalla struttura, doccia, mi riposo, birretta pre cena e scrivo. La cena, nello stesso albergue, è comunitaria, e durante la stessa socializzo con alcuni nuovi pellegrini partiti negli ultimi giorni. Finalmente la notte dormo in maniera tranquilla senza alcun rumore e con un sonno molto profondo.






giovedì 25 giugno 2015

Benvenuti in Galizia, da O'Cebreiro a Barbadelo via San Xil.

"Strada facendo vedrai che non sei più da solo, e sentirai la strada far battere il tuo cuore" C. Baglioni

Strada Facendo vedrai

O'Cebreiro dista poco meno di 5 km da A Faba, naturalmente in salita. Tanti i mucchietti di case abbandonate o adibite a rifugio per le mandrie lungo la salita, e di prima mattina il sole e l'aria di montagna ci accompagnano a me ed Eros fino in cima al valico.

A poche centinaia di metri da O'Cebreiro entriamo in Galizia

Lasciamo la Castilla y Leon per entrare nell'ultima regione attraversata dal cammino, la Galizia. Arrivati ad O'Cebreiro ci fermiamo per una mezz'oretta, incontriamo nuovamente Jesus e Vanessa, colazione al bar, visita alla chiesetta del posto, piccola e caratteristica, con cimitero annesso. In Galizia infatti, al centro di tutti i paesini, si trova la chiesa principale con il cimitero accanto, un'usanza celtica arrivata fino a qui. Ha molto in comune questa regione con i paesi celtici, dal clima umido alla vegetazione, alle coste bagnate dall'oceano atlantico. Da qui in poi i segnali di direzione del cammino ci indicano quanti km mancano a Santiago. La via della Galizia è quasi tutta sali e scendi fino a destinazione. Scendendo dall'alto do Poio, il punto più in alto del valico a 1336mslm, troviamo paesini fantasma e mandrie di bestiame a volte senza pastore solo con i cani a fare da guida. Il paesaggio è mozzafiato, pascoli, vegetazione di montagna, strade sterrate senza alcun rumore che non sia naturale o che non sia il classico tintinnio dei battagli  delle mucche. Una cosa che mi colpisce su in cima, è la maglietta di un pellegrino francese morto il giorno prima di infarto durante il cammino. Mi ha messo un pò di tristezza oltre che ad alimentare la mia ipocondria. Come già detto all'inizio, ci sono durante la via molte lapidi funebri di gente deceduta sul cammino per cause naturali. Questa crea ancora più dispiacere essendo l'incidente avvenuto il giorno prima. Scendendo verso valle arriviamo a Triacastela, dove incontriamo molti compagni di cammino fra cui Giulia ed Antonio, che hanno già preso posto in Albergue. Io decido di continuare verso San Xil. Il cammino da qui in poi si dirama in due direzioni, via San Xil più corto ma in salita, e via Samos, più lungo ma pianeggiante. Si ricongiunge a Sarria. Eros vuole anch'egli continuare, e dopo circa 3 km da Triacastela troviamo un paese fantasma, a Balsa, abbandonato forse da più di 50 anni, dove si sente solo l'odore del bestiame e dove c'è un unico albergue rifugio ecologico gestito da Italiani. Una ragazza, credo Romagnola, insieme alla madre e due bambini, ci  accoglie accompagnandoci sotto nella camerata dove ci sono le brande e le doccie. Un ampio giardino con un lavabo per il bucato, un grande tavolone per la cena ed un aerea nel bosco di fronte con delle amache e delle tende. Questo era il rifugio in mezzo al nulla. Ci era stato suggerito il giorno prima dal tizio di A Faba, infatti è molto simile come stile, ecologico, cucina vegetariana e il più naturale possibile. 

Amaca nel bosco, A Balsa

Proprio da quell'amaca sto cercando di prendere appunti per scrivere questo blog, e nel mentre noto un paio di tende da campeggio, pronte per essere usate, una ragazza Australiana ne approfitta subito, ed io subito dopo di lei ne occupo un'altra liberando il letto nel dormitorio. Fatta una bella doccia ed il bucato, si cena in comune, con un piatto vegetariano dove delle uova fanno da fonte proteica. Al tavolo ci stanno varie nazionalità, degli Olandesi, Australiani, Italiani, Francesi e Americani, Tedeschi e Svizzeri. Bianca, una ragazza Olandese che incontrerò altre volte in questi ultimi giorni fino a Santiago, è partita da pochi giorni da Leon, e si diverte a sentire che molti di noi sono partiti dalla Francia e sono in marcia da più di un mese. Finita la cena si va a dormire, io nella tenda, altri due ragazzi come me, Eros e tutti gli altri nel dormitorio. La tenda oltre a farmi sentire il freddo della montagna durante la notte, mi ha fatto incontrare qualche ospite del bosco.

Uno degli ospiti del bosco

La mattina seguente si parte per Sarria insieme ad Eros, le prime due ore sono abbastanza pesanti, non abbiamo fatto colazione ed è tutto disabitato fino ad un piccolo villaggio chiamato Furela, dove con una deviazione di 0,5 km si arriva ad una bar per uno spuntino a base di 2 uova a testa, pancetta, toast, empanada e due succhi di arancia. Subito dopo ci rimettiamo in cammino per Sarria che raggiungiamo con facilità verso l'ora di pranzo, piccola pausa dissetante e ancora in cammino. Non c'è una meta fissa, ma visto che da qui in poi il cammino è veramente una processione, le mete principali sono quasi sempre strapiene di gente, e la confusione ed il pandemonio  fanno perdere il vero significato del cammino, quindi decidiamo di proseguire oltre. Da Sarria infatti mancano 100km a Santiago e la regola dice che il minimo da fare in cammino per ottenere il certificato chiamato "Compostela" è appunto 100km. Moltissimi sono i gruppi e le scuole a percorrere questi ultimi 100km.


Villaggio fra San Xil e Sarria

Subito dopo Sarria io ed Eros troviamo un albergue con Piscina, all'entrata del Pueblo Barbadelo. Non esitiamo un minuto a prendere posto e ritroviamo pure Jesus, Vanessa e Bianca che poi finiranno allo stesso tavolo con noi per la cena. Pomeriggio in Piscina, a prendere sole e a sorseggiare qualche "clara". La cena è diversa dal solito, infatti optiamo per il ristorante dell'albergue che è  tipico Gallego, a la carte, ordiamo piatti di pesce e vino della Galizia. Si sta tutta la sera a chiaccherare e socializzare con gli Spagnoli e l'Olandese, fino a che la stanchezza non ci porta a letto a dormire. 

Tipica segnaletica in Galizia, 109 km a Santiago






martedì 23 giugno 2015

Da Molinaseca a "A Faba" con sosta a Villafranca del Bierzo

"Con quella eterna febbre in noi per ciò che non siamo mai stati, andiamo per campare, già delusi e stanchi, viviamo come zebre e poi rinchiusi dentro gli steccati, illusi di sembrare dei cavalli bianchi" C. Baglioni
Nido di una cicogna

Tra la fauna del posto quella che risalta di più è la cicogna. Questo uccello nidifica nei posti più improbabili, pali della luce, in cime alle fumarole dei caminetti, sui campanili, ovunque dove nessun altro animale in grado di mettere in pericolo i propri piccoli sia in grado di arrivare. 
Si parte alla via di Ponferrada, ad 8 km da Molinaseca, quello che spero di trovare è un zapatero, ossia un calzolaio, le mie scarpe si sono scucite dai lati, e vorrei finire il cammino con esse, solo per il semplice fatto che sono comode e non mi hanno dato nessun segno di grande fastidio. Arrivato a Ponferrada scopro che il Calzolaio apre alle 10 ed ho il tempo di una bella colazione davanti al castello, che oggi essendo lunedì è chiuso. E' strano come le popolazioni del sud Europa, noi latini, abbiamo la capacità di bloccare un business solo perchè è lunedì, oppure è pomeriggio ed è ora del sonnellino o siesta, oppure perchè c'è un problema di natura incerta. Dopo 5 anni in Irlanda ed in giro per l'Europa posso affermare che tutto ciò è un'usanza solo del sud Europa. Niente visita al Castello dunque, e dopo colazione si và verso il calzolaio, che trovo con facilità e che per fortuna ripara le mie scarpe in poco meno di mezz'ora. Eros decide di rimanere con me e verso le 11 usciamo da Ponferrada verso Villafranca del Bierzo a 22 km. La strada è pianeggiante, ma il caldo è soffocante. E' una giornata lunghissima, arrivati a Pieros deviamo per dei vigneti, dove prima di Villafranca incontriamo un unico villaggio disabitato, con un punto di ristoro per pellegrini ormai chiuso. E' tardi, decido di fare una telefonata ad un Albergue che ho trovato su un volantino attaccato ad un albero, per paura di non trovare posto, sia per l'orario che per la stanchezza. Chiamo ed una donna mi risponde e mi conferma che ha 2 posti letto per me e per Eros, una camera doppia, e dopo qualche ora, ormai le 7 di sera, arriviamo a Villafranca del Bierzo. Anche qui il paesaggio è ricco di ciliegi che carichi di frutta sembrano disegnati su una tela. Siamo nel Bierzo, una zona conosciuta appunto per le ciliege. Dopo una bella doccia nell'albergue de la Piedra, naturalmente alla fine del paese, ma comunque nuovissimo e pulitissimo, facciamo subito lavadora e secadora, spesa al supermercato e cena preparata da me. Reincontriamo Giulia la ragazza veneta che è con dei suoi amici, esattamente amici dei genitori che hanno appena finito di cenare e ci offrono dell'anguria. La nostra cena è farfalle all'amatriciana. Mezzo kilo. La notte passa con un sonno profondo come non mai. 

Castello di Ponferrada

Si parte con le gambe a pezzi, Eros implora pietà per una caviglia gonfia, quasi fuori uso. Sappiamo che da qui in poi c'è una lunga e inclinata salita che porta fino al valico di o'cebreiro, si parte da 500mslm fino a 1300mslm. Non c'è una tappa fissa oggi per me e per Eros, forse O'Cebreiro, ma decideremo strada facendo. I primi 18 km sono pianeggianti fino a Vega de Valcarce dove ci fermiamo per la pausa pranzo. La strada costeggia un torrente, tanti sono i punti dove si trovano dei grandi tronchi d'albero utilizzati da alcune aziende che lavorano il legno sul posto. I villaggi sono i soliti classici di montagna, con un discreto livello demografico rispetto ai villaggi delle mesetas. Un furgone suona il clacson e rallenta ogni volta che arriva ai portoni di alcune case. E' un fornaio che consegna il pane a domicilio, alcuni paesi non hanno nemmeno il negozietto di alimentari, solo un bar che ha qualcosa di prima necessità. Tanti i punti vendita di ciliege per strada, e tante sono le volte che ci fermiamo a comprarle. Dopo la pausa pranzo con empanada di tonno, una sorta di pizza ripiena con tonno, capperi olive e pomodoro, cominciamo a salire per il punto più ripido del cammino dopo il primo giorno a San Jean Pied de Port. 

Cascate a Villafranca del Bierzo

Da Vega de Valcarce saliamo per 8 km circa fino a "A Faba", piccolo villaggio a 5 km da O'Cebreiro. Siamo quasi a 1000mslm, deciadiamo insieme ad Eros di fermarci qui per la notte, e troviamo un posto spettacolare tra i più belli del cammino. Un piccolo rifugio chiamato proprio "Rifugio", con 9 brande ed una turca con una doccia in mezzo alla camera tutta in legno. 

Eros e il piccolo rifugio con il bagno sopraelevato

Il posto è sprovvisto di wi fi, per trovarla dobbiamo andare all'unico bar del paese a 50 metri, prendendoci una birra e telefonando a casa. La cena al rifugio è spettacolare, tutti prodotti di orto, frittata con formaggio, pane e vino di casa. Con noi cena una coppia di simpaticissimi Spagnoli che incontreremo più volte nel cammino, Jesus e Vanessa. Parliamo tutta la sera, del cammino, delle nostre esperienze, il tutto allietato da vino di casa che facilita e diverte la conversazione sempre di più. Il posto è gestito da un tipo che ha fatto il cammino credo 7-8 volte, persino d'Inverno, e una ragazza brasiliana che fa da Hospitalera. Il salone, grande, in legno con un caminetto acceso che nonostante sia giugno con un gran caldo, subito dopo il tramonto e con una temperatura sui 15 gradi essendo in montagna, diventa piacevole. Dopo una lunga cena ed una bellissima conversazione con hospitaleri e la coppia di Spagnoli, si va a dormire in questi letti di legno attaccati al soffitto, con altri 3 tedeschi che hanno solo preso il posto letto per dormire, cenando al bar non molto distante da lì.