martedì 30 giugno 2015

Santiago de Compostela, 810 km, 31 giorni!

"Per questo devo tornare, a tanti luoghi futuri, per incontrarmi con me stesso, ed esaminarmi senza sosta, senz'altro testimone che la luna, e poi fischiare di gioia calpestando pietre e zolle, senz'altro compito che esistere, senz'altra famiglia che la strada." Pablo Neruda


Monte do Gozo, Monumento dei Pellegrini

Statue dei Pellegrini che indicano la Cattedrale di Santiago

Questo è il primo posto da dove poter vedere le 3 guglie della cattedrale di Santiago per la prima volta, il Monte do Gozo, a 5 km dalla cattedrale. Chiunque abbia visto il film sul cammino di Santiago con Martin Sheen come attore protagonista e con la regia di Emilio Estevez, ricorda sicuramente la scena di arrivo a Santiago, proprio da qui. Ma il percorso tradizionale passa a 300 metri di distanza dalle statue, ed oggi, giorno di arrivo a Santiago non sono riuscito a vederle, sia per la fitta nebbia, e sia per non esser riuscito a capire dove realmente fossero. Infatti le foto sono di qualche giorno dopo, esattamente il giorno in cui sono tornato da Finisterre.
E' martedì 30 giugno del 2015, esattamente le 7 del mattino e si cammina con il gruppo della sera precedente verso Santiago. Una fitta nebbia ci accompagna fino al Monte Gozo dove ci fermiamo per un caffè proprio di fronte alla statua commemorativa di Giovanni Paolo II, venuto a fare un pezzo del cammino di Santiago nel 1989. La statua oltre a commemorare Giovanni Paolo II, ricorda anche il pellegrinaggio fatto da San Francesco da Assisi nel 1200 circa, partito a piedi da Roma.

Statua dedicata a Giovanni Paolo II

Tanti sono i volti felici, strani, incuriositi ed euforici, tutti a guardarsi come a cercare una risposta alle loro mille domande, tra di loro ci sono anche io, che cerco risposte, ma non ho l'urgenza di averle. Molti di quei volti li ho incontrati parecchie volte, alcuni sono nuovi, altri addirittura compagni di cammino dalla Francia. I fisici zoppicano, si trascinano, sono stanchi. Le facce il contrario. Forse alcune dispiaciute, perchè è quasi finita quell'avventura dall'aspetto misterioso. Quasi, perchè altri 90 km ci separano dall'oceano atlantico. Dopo il caffè inizia la discesa verso la cattedrale, attraversando la città dalla parte nuova fino al centro storico. 

L'entrata in città

Camminando verso la cattedrale noto tantissimi rifugi e albergues per Pellegrini, la strada è segnalata con le classiche conchiglie sulla pavimentazione fatta apposta per i pellegrini, la gente con zaino e bastoni da trekking supera di gran lunga i pedoni del posto che ormai sembrano abituati a quella processione. Lentamente la nebbia va via, lasciando spazio al sole tipico di Giugno. La maestosa piazza di fronte alla Cattedrale è strapiena di pellegrini, e mentre guardo la cattedrale mi rendo conto di come alla mia sinistra arriva sempre più gente, con sguardo quasi assente e un sorriso naturale, lo stesso che si ha nel momento in cui si scopre per la prima volta un evento mai visto, con la coscienza di non sapere esattamente cos'è, vivendo ogni istante con la stessa tranquillità che si ha quando si fugge dai consigli sensati.

La cattedrale di Santiago, purtroppo con dei lavori in corso

Dietro le impalcature si trova il portico della gloria, una maestosa opera di rara bellezza e ricchezza architettonica, costituito da tre aperture così suddivise da sinistra a destra: il limbo, il purgatorio e il paradiso. Ogni pellegrino, sin dal medioevo, effettuava l'ingresso nella cattedrale attraverso il lato sinistro per poi poter uscire dopo essersi purificato, dal lato destro.
A causa dei lavori in corso, la tipica entrata alla cattedrale attraverso il portico della Gloria non avviene, e quindi ci limitiamo ad entrare attraverso l'entrata laterale per poter assistere al classico rito del Botafumeiro. Un grandissimo incensiere proprio al centro dell'altare maggiore, viene sollevato da 5 o 6 persone attraverso una grande corda in modo da farlo andare avanti e indietro nelle navate laterali. https://www.youtube.com/watch?v=dRzb74CT3Ck
Sembrerebbe una sorta di benedizione ai pellegrini arrivati fino a qui da tutte le parti del mondo, ma è una tipica usanza nata nel medioevo. Infatti si dice che, nell'epoca medievale i pellegrini arrivati in cammino fino a Santiago emanavano un forte e cattivo odore, avendo percorso l'intero cammino con soltanto degli stracci addosso ed essendosi lavati solo ogni volta che incontravano i fiumi o i laghi. I comfort di oggi non c'erano, non esisteva l'acqua corrente, i detergenti e soprattutto non esisteva avere vestiti di ricambio. Immaginate migliaia di pellegrini tutti dentro una cattedrale così, quali odori sgradevoli potessero emanare. L'allora vescovo di Santiago decise di installare questo enorme incensiere in modo da poter purificare l'aria dentro la cattedrale. Dentro la chiesa ci sono volti felici, euforici, alcuni stupiti, altri a ringraziare un'ipotetica divinità per questa bellissima avventura, tutti curiosi di cosa potesse ancora riservare l'arrivo in questa maestosa Cattedrale. Io mi sento un pò tutto, la curiosità comunque prende il sopravvento, e cerco di capire ancora di più su questo posto. Una messa a celebrare l'arrivo dei pellegrini di oggi è prevista per le 12 con subito dopo il rito del Botafumeiro.  

Certificato detto Compostela

Facciata Gotica della Cattedrale di Santiago, in restauro.

Dopo aver salutato, ringraziato, abbracciato tutti i compagni di avventura, vado a trovare una stanza in un hotel proprio accanto alla cattedrale, ed insieme a me viene anche Eros,  prendiamo una doppia. Lascio le valigie nella reception e vado all'ufficio del pellegrino per ritirare l'attestato. Una fila quasi interminabile ma che scorre molto veloce per fortuna, infatti dopo mezz'ora sono pronto e insieme ad Eros vado di nuovo nella cattedrale per i classici riti che ogni giorno danno il benvenuto ai pellegrini. La cattedrale è piena di gente, quasi tutti in abbigliamento da trekking, ascoltando le parole di benvenuto di un sacerdote Spagnolo che saluta in tutte le lingue ufficiali dell'europa occidentale.

Interno della Cattedrale di Santiago

Riesco finalmente a darmi una ripulita a barba e capelli, cosa che non avviene da più di un mese. Avevo promesso a me stesso che avrei trovato un barbiere non appena arrivato a Santiago. La giornata passa veloce, molti dei compagni di cammino all'indomani partiranno per Finisterre, io decido di aspettare un altro giorno a Santiago, godendomi un meritato riposo e la città, il centro storico e le facce dei nuovi pellegrini che arrivano davanti alla cattedrale. 

I wish I was a fisherman tumblin' on the seas
















lunedì 29 giugno 2015

Ancora un giorno, Ribadiso De Baixo e Lavacolla.

"Qui in questa notte di note a guardarmi la vita dentro le mani vuote ma che cos'è mai che mi fa credere ancora, mi riga gli occhi d'amore e mi addormenterà dalla parte del cuore" C. Baglioni


Ponte di Melide

Il mattino seguente, appena uscito dall'albergue di San Xiao trovo di nuovo la foschia mattutina. Il cimitero è a due passi proprio nel cuore del villaggio, e subito dopo inizia un bel percorso nel bosco che porta verso Melide, un importante punto di incontro e di passaggio di due vie che portano a Santiago, quella tradizionale francese, e la via primitiva. Dopo aver ricevuto notizie di Eros e Antonio indietro solo di poco, noto di aver lasciato cadere per strada uno dei miei 2 bastoni da trekking che in quel momento erano legati dietro lo zaino. Torno indietro prefissandomi solo 10 minuti di cammino in caso riesca a recuperarlo, ricordandomi di essere entrato dentro un cespuglio per un bisogno fisiologico, e di aver trascinato lo zaino per qualche metro nei rami fitti del bosco. Nel mentre torno indietro incontro Eros e Antonio che avevano recuperato terreno. Gli dico di aspettarmi al primo bar dove sarei arrivato in poco tempo. Trovato il punto dove potevo aver fatto cadere il bastone, entro e fortunatamente lo ritrovo. Riparto subito e appena uscito dal cespuglio ritrovo nuovamente la ragazza olandese di qualche giorno fa, Bianca, che sta ancora facendo stretching. Mi dice di avere avuto dei problemi all'anca e di sentirsi poco in forma. Facciamo un pezzo di strada insieme fino al primo bar dove pensavo di ritrovare Eros e Antonio che si erano già dileguati. A quel punto faccio uno spuntino e riparto anche io lasciando l'olandese indietro. Ritrovo Eros e Antonio a Melide dopo qualche ora dove c'è una bella festa di paese con prodotti tipici, vino, musica e costumi medievali.
Signora dell'alta borghesia medievale in posa con i 3 calabresi

Dopo una bella sosta rigenerante riparto da solo verso Arzua, attraversando tutta la città nuova di Melide. Il sole è già alto e la foschia è sparita completamente dando spazio ai meravigliosi colori di inizio estate. Un'altra chiesa con cimitero adiacente mi viene sotto gli occhi proprio in mezzo alla via, Santa Maria di Melide, mi fermo un'attimo per approfittare del classico fresco che di solito si trova nelle chiese soprattutto quelle con le capriate lignee, e del silenzio che c'è quando sono prive di funzioni religiose. Per un pò mi fermo ad osservare il cimitero, cerco di immaginare quante vite, quanti dolori, quante emozioni, quante risate, quanti pianti, quante gioie sono passate da quei corpi ormai in decomposizione e ricordati soltanto da un nome scritto da qualcuno sotto commissione su delle lapidi di marmo. Nulla succede per caso. Anche in quel momento. Riparto, pensando a tutto ciò che ho fatto fin'ora. Cercando un perchè ad alcuni momenti vissuti in questi 30 giorni e non solo. Mi domando perchè anche su quel momento. Proseguo ancora attraversando Raido, mi fermo ad una fontana per una bella rinfrescatina ed un massaggio alle gambe, continuo verso Castaneda e decido di fermarmi ancora per un gelato ed un caffè. Arrivano intanto Eros e Antonio. Insieme arriviamo a Ribadiso de Baixo, un piccolo villaggio davanti al letto di un fiume, con 2 albergues e un bar ristorante in delle strutture di pietra tipiche del tardo mediovevo. La cosa curiosa sono delle tende proprio davanti al fiume. Ed io decido di fermarmi lì. Eros e Antonio proseguono verso Arzua che è a soli 4 km. L'hospitalera mi dice subito che l'albergue è al completo ma se voglio posso utilizzare la tenda giù al fiume, pagando 5 euro per la doccia. Ottimo, è proprio quello che volevo.  Dopo una bella doccia monto subito la mia tenda, e nel mentre noto un gruppo di Italiani, credo sia una scuola, che ha preso posto dentro l'albegue. Accampati con le tende ci sono degli austriaci, degli olandesi, una ragazza spagnola, un tizio Israeliano e un paio di Italiani. Vado all'unico bar-ristorante del villaggio per ritrovare qualche compagno di avventura. Nikole, Bianca ed altri, tra cui uno spagnolo incontrato la sera prima insieme ad una ragazza Irlandese amica della figlia dei titolari dell'azienda per cui lavoro, insomma un bel gruppo. Ceniamo insieme e passiamo la serata con vino e canti tipici Spagnoli che un gruppo di signore mezza età sta intonando in un tavolone dove gli unici 2 uomini di quel banchetto sono diventati talmente piccoli e invisibili sotto i decibel di quelle donne ormai al climaterio. Dopo il tramonto cala una forte umidità. Sistemo il tutto per dormire. Mi fermo una mezz'oretta al bordo del fiume. Dall'altra parte ci sono delle mucche al pascolo che ogni tanto bevono fissandomi e poi girandosi l'una con l'altra come se stessero spettegolando su di me. Accanto a me il mio zaino e tutto ciò che ho in quel momento. Quel poco che rimane delle stelle cerca invano di risaltare nella nebbia che ormai sta calando sempre più fitta. Decido di entrare dentro la tenda e di sistemarmi per dormire. Il segnale wi fi non arriva. Ma a cosa serve il wi fi se comunque in quel momento hai tutto ciò che ti serve per stare bene, per essere felice e per non pensare a null'altro che alla tua vita in maniera tranquilla, fantasticare e trovare la positività in tutto? Ed il matto che c'è in me che si chiede che cos'è vuole diventare qualche cosa. Apro di nuovo la tenda. Esco per usare il bagno. Prima di rientrare noto uno spicchio di luna nuova in mezzo alle nuvole di nebbia. Quanto è bella la luna. Quanto è bella in quel momento. Sembra quasi di poterla accarezzare. Rientro e provo ad addormentarmi. Ci riesco dopo un bel pò. Infatti mi risveglio intorno alle 6 e mezza con il rumore dei campanacci delle mucche che la sera prima discutevano su di me. Sistemo prima me stesso e poi lo zaino. Smonto la tenda. Mi fermo al bar per una lunga e saziante colazione. Tortilla, bocadillo, zumo de naraja e caffè. Saluto Bianca che sta facendo colazione e parto verso Arzua. 

23,5 Km a Santiago, segnale tra Arzua e Pedrouzo

Da Ribadiso si sale per circa 4 km fino ad Arzua, sento Eros che con Antonio è già in cammino da più di un'ora, mi dice che rallenterà il passo per aspettarmi. Appena passato Arzua c'è un punto dove delle suore stanno raccogliendo informazioni e offerte sui pellegrini. Sono Italiane, una di loro è stata in Calabria, nel Cosentino. Subito dopo trovo una fontana di acqua corrente, freschissima, bevo e riempio la mia bottiglia. Incontro Eros e Antonio in un bar fermi ad aspettare che io arrivassi. Decido di passare con loro l'arrivo a Santiago, credo ormai per domani. Molta gente partita insieme a noi e incontrata durante la parte iniziale del cammino è già a Santiago. E' una giornata molto calda e umida, il sole è molto forte, e cerchiamo molto spesso riparo dentro ai boschi. Poco prima di Pedrouzo ci fermiamo in un bosco per quasi un'ora. Santiago è vicinissimo, vorremmo andare oltre Pedrouzo per poi domani mattina poter arrivare a Santiago in mattinata. Giulia, la ragazza veneta Fisioterapista è avanti ed ha trovato un piccolo posto a Lavacolla, la zona dell'aereoporto di Santiago a 10 km dalla città. Gli diciamo di tenerci i posti letto così da non essere preoccupati anche se dovessimo arrivare in ritardo. Infatti arriviamo a destinazione intorno alle 19, e dopo una doccia ed il bucato cerchiamo subito un ristorante per poter cenare in quanto affamati e stanchi da una lunga e calda giornata. Insieme a Nikole, la ragazza americana, ceniamo in un bel ristorante Gallego, pesce e vino bianco della zona, Alvarino. Dopo un'abbondante cena, quasi a celebrare l'arrivo a Santiago, a brindare a questi giorni che dalla Francia fino a qui ci hanno regalato emozioni, momenti, esperienze, decidiamo di andare a letto per poterci ritrovare il mattino seguente presto, e percorrere questi ultimi 10 km insieme fino alla cattedrale di Santiago.

Attimi di follia






sabato 27 giugno 2015

Verso Portomarin e San Xiao do Camino.

"In questa notte di ragnatele, di fili notturni sul mio viso, l'alito largo del vento mi segue annusando i pantaloni, e quante dita stanno acchiappando note che cadono giù dal paradiso, e le giornate si chiudono dentro le serrature dei portoni" C. Baglioni


Bosco in Galizia, verso Portomarin

La mattina seguente dopo una bella colazione insieme al gruppo della sera precedente, ci incamminiamo verso Portomarin, con molta calma e osservando il paesaggio boschivo della Galizia. Sono meno di 20 km fino a Portomarin ed un paio di villaggi prima ci fermiamo in aerea di ristoro con amache ed un bel giardino per pranzare e riposare. Incontro parecchia gente conosciuta durante l'intero percorso, dalla ragazza Italo-Americana Nikole ad una coppia di Brasiliani che viaggia insieme ad un'altra coppia, lei Olandese, lui Belga. La ragazza Brasiliana ha origini calabresi ed ogni tanto mi parla in dialetto, credo dalla zona del Crotonese da quel poco che riesce a dire in arcaico. Sono rimasto più di 2 ore in questo posto, sia ad osservare i pellegrini che come dei viandanti affaticati trovavano ristoro e riposo in quest'oasi, ed anche ad osservare le facce stanche dei lavoratori del bar-ristorante che sembravano uguali alla mia o di chi come me lavora nel settore ospitalità, sorriso falso di cortesia (non sempre in Spagna ed Italia comunque), occhi rossi dalla stanchezza e dalla frustrazione, mai un week end disponibile per cercare di capire il perchè uno è nato, e il pensiero all'indomani mattina quando suonerà la sveglia per ripetere la stessa identica cosa del giorno prima. Lasciata l'oasi si riprosegue e dopo qualche kilometro arriviamo a Portomarin.

Fiume Mino che attraversa Portomarin

Scendendo da Vilacha si intravede un maestoso ponte di epoca Romana poi distrutto e ricostrito nel medioevo da dove nasce il nome della città, appunto Portomarin. Una rinfrescatina giù al fiume e poi partenza verso Ligonde almeno questa è la mia idea. Eros rimane insieme ad altri proprio lì, stanco e distrutto. Io proseguo oltre ma dopo pochi kilometri mi accorgo che comunque è pomeriggio inoltrato e che dovrei cercare di trovare una soluzione al più presto essendo in questa ultima parte del cammino. Potrei rischiare di rimanere senza un posto letto. Ma la cosa mi affascina pure. Una cosa curiosa incontrata lungo la via è una macchina che spruzza una sorta di medicinale lungo il bordo della strada, ed io mentre passo mi faccio mille pensieri su che genere di prodotto sto respirando, e sul perchè i tizi che la passano hanno una mascherina sul naso. Entro in un bosco, sono le sei e mezza del pomeriggio, da lontano noto una ragazza a terra con il suo zaino accanto, mi avvicino e scopro che si tratta di Bianca, la ragazza Olandese della sera precedente, che sta facendo un pò di stretching perchè ha dei crampi. Mi confessa che è un pò preoccupata perchè non vorrebbe dormire fuori, in quanto tardi e con moltissimi pellegrini in cerca di una sistemazione. La stessa cosa l'ho pensata anche io, ma sono meno preoccupato. Dalle mappe e dal telefono noto che sono vicinissimo a Gonzar, una piccolissima contrada a 8 kilometri da Portomarin. Mancano solo 2 km all'unico posto che fa da albergue e ristorante, una sorta di agriturismo con una camerata grande per i pellegrini. Sono le 7 e un quarto di sera quando insieme a Bianca arrivo per chiedere un letto con la preoccupazione che fosse tutto occupato. L'hospitalera ci dice che hanno ancora 3 o 4 letti disponibili, e nel mentre,  arrivano i 2 Spagnoli, Jesus e Vanessa. I letti per fortuna sono 4, ma la coppia di Spagnoli ha poca disponibilità in contanti, giusto quella per pagare i letti ma non per cenare. Il posto non accetta carte di credito. Mi faccio avanti per aiutarli in quanto volevano anche poter cenare e non avevano la forza di continuare per trovare un villaggio o un posto che accettasse le carte come metodo di pagamento. Anche se gli hospitaleri gli stavano offrendo comunque del pane con qualcosa, gli do ugualmente 50 euro in modo che non fossero preoccupati, e gli dico pure di stare tranquilli che da qui a Santiago, anche se mancano pochi giorni me li avrebbero ridati. Dopo una bella doccia, chiedo ai gestori di indicarmi il posto dove poter lavare e stendere i panni, mi indicano un posticino dietro l'albergue. Ci vado e trovo i lavabi con un grosso filo dove già sta appeso il bucato degli altri viandanti, ed attorno i muri rivestiti in marmo con fiori e candele. Già, eravamo nel cimitero del villaggio. Come già accennato il cimitero si trova dentro il paese in Galizia, e cercando di scoprire perchè, alcuni indigeni del posto mi spiegano che il vero significato di quest'antica tradizione di origine Celtica, è far capire a tutti che la vita e la morte viaggiano di pari passo, e che la morte è un momento della vita che tutti devono affrontare, nessuno escluso. Immagino le facce dei superstiziosi e dei tanafobici. Con il calare della sera, subito dopo il tramonto, si notavano molto bene le lucine dei vari loculi. La cena è a base di carne, un bel bisteccone di oltre 300 grammi di manzo alla griglia con un insalata. Ceniamo lo stesso gruppo della sera prima, escluso Eros, quindi io, Bianca e gli spagnoli, ma ognuno ordina a singhiozzo e per se, usiamo solo lo stesso tavolo in comune. Due bei bicchieri di vino rosso e poi a letto a riposare. Ma purtroppo non va proprio così. Tantissimi sono i rumori ancestrali, quasi come il primo tempo della quinta sinfonia di Beethoven. Decido di alzarmi, ormai in preda al nervosismo, e di uscire dalla camerata. Infatti proprio davanti alla stanza c'è una grande divano dove credo di potermi rilassare e magari provare a dormire. Non riesco proprio a prendere sonno,eppure sono molto stanco. Dopo un pò provo ad aprire la porta ed uscire dall'albergue cercando di fare il meno rumore possibile. La prima cosa che incontro, dopo naturalmente aver visto le lucine rosse delle lapidi mortuarie, sono due o tre gatti che mi guardano con l'aria affamata. Faccio una passeggiata intorno al Pueblo, sono si e no 5 o 6 case abitate, un cimitero e quell'albergue. Ci sono delle panchine proprio lì davanti al cimitero dove mi fermo per guardare un cielo stellatissimo senza luna, e pensare il perchè mi sto trovando nel cuore della notte in un cimitero della Galizia da solo, con uno zaino che in quel momento rappresenta tutto ciò che ho, e che cosa sto andando a fare a Santiago, ormai distante 2 o 3 giorni di cammino, tutto quello che mi è successo, tutto ciò che ho visto e incontrato durante questi giorni. Quel momento. Quell'attimo. Quell'attimo di eterno che non c'è. Non sono purtroppo uno scrittore, cerco per la prima volta in vita mia di riportare una esperienza diversa dal solito su questo blog, non saprei minimante da dove iniziare per scrivere in maniera corretta, usando una giusta sintassi e soprattutto una giusta grammatica. Però credo che mai come questa notte avrei voluto essere in grado di poter esprimere tutto ciò che mi sta passando per la mente e per il corpo, con le giuste parole. 
Mi accorgo che sta calando una fitta nebbia, un umidità tipica della mattina. E' anche questo un classico della Galizia. Siamo vicini all'oceano atlantico e il clima umido risalta soprattutto la mattina presto. Ed infatti sono quasi le 4. Decido ormai stanco di rientrare e cercare di dormire un pò. Ho passato una notte in bianco. Alla fine comunque, una bella notte in bianco. 
Rintro in camerata in silenzio. Mi metto sul letto con ancora un quintetto di fiati a fare da accompagnamento alla notte che sta per passare. Sto per addormentarmi e qualcuno si sveglia perchè ormai quasi le 5. In dormiveglia arrivo fino alle 7 e 30 quando ormai sono l'unico ancora in branda. Decido di saltare giù dal letto e con grande forza di volontà faccio una doccia rigenerante, mi cambio e parto deciso ed in piena forma. Almeno per le prime due ore. 
L'umidità è ancora nell'aria, mi incammino verso Ligonde, e affamato e stanchissimo mi fermo per la colazione in un piccolo bar qualche villaggio prima. Sento Eros che ha reincontrato Antonio e si trovano pochi kilometri dietro. Decido di rimettermi in marcia, la nebbia con il salire del sole piano piano scompare, e la giornata diventa finalmente mediterranea. Sento molto la stanchezza ed il fatto che la notte non abbia dormito quasi per niente. 

Tipico gruppo sui 100km di strada prima di Santiago

Tantissimi sono i gruppi che incontro oggi. Santiago e a 60 km circa. Passati diversi villaggi tra i quali Ligonde, arrivo più o meno all'ora di pranzo a Palas de Rei, trovo moltissimi compagni di avventura già sistemati per la notte. Riparto  da Palas de Rei verso Casanova, e all'uscita del paese incontro nuovamente la coppia di Spagnoli Jesus e Vanessa ai quali avevo prestato i 50 euro la sera prima. Mi chiamano subito per restituirmi il dovuto. Ringraziandoli li invito a camminare insieme per un pò, loro sono diretti a Melide, vorrebbero arrivare a Santiago dopodomani. A San Xil del Camino, o San Xiling, (essendo in Galizia troverete molte volte scritto il nome del paese sia in Spagnolo che in Gallego, che è il dialetto della regione, simile al Portoghese) decido di fermarmi in un piccolissimo albergue dove incontro di nuovo la coppia Brasiliana. L'albergue ha 12 posti letto, un bar-osteria ed una giardino con un lavabo e la zona per stendere il bucato. Molto pulito e ordinato rispetto ai soliti albergue del cammino. Non esco per niente dalla struttura, doccia, mi riposo, birretta pre cena e scrivo. La cena, nello stesso albergue, è comunitaria, e durante la stessa socializzo con alcuni nuovi pellegrini partiti negli ultimi giorni. Finalmente la notte dormo in maniera tranquilla senza alcun rumore e con un sonno molto profondo.






giovedì 25 giugno 2015

Benvenuti in Galizia, da O'Cebreiro a Barbadelo via San Xil.

"Strada facendo vedrai che non sei più da solo, e sentirai la strada far battere il tuo cuore" C. Baglioni

Strada Facendo vedrai

O'Cebreiro dista poco meno di 5 km da A Faba, naturalmente in salita. Tanti i mucchietti di case abbandonate o adibite a rifugio per le mandrie lungo la salita, e di prima mattina il sole e l'aria di montagna ci accompagnano a me ed Eros fino in cima al valico.

A poche centinaia di metri da O'Cebreiro entriamo in Galizia

Lasciamo la Castilla y Leon per entrare nell'ultima regione attraversata dal cammino, la Galizia. Arrivati ad O'Cebreiro ci fermiamo per una mezz'oretta, incontriamo nuovamente Jesus e Vanessa, colazione al bar, visita alla chiesetta del posto, piccola e caratteristica, con cimitero annesso. In Galizia infatti, al centro di tutti i paesini, si trova la chiesa principale con il cimitero accanto, un'usanza celtica arrivata fino a qui. Ha molto in comune questa regione con i paesi celtici, dal clima umido alla vegetazione, alle coste bagnate dall'oceano atlantico. Da qui in poi i segnali di direzione del cammino ci indicano quanti km mancano a Santiago. La via della Galizia è quasi tutta sali e scendi fino a destinazione. Scendendo dall'alto do Poio, il punto più in alto del valico a 1336mslm, troviamo paesini fantasma e mandrie di bestiame a volte senza pastore solo con i cani a fare da guida. Il paesaggio è mozzafiato, pascoli, vegetazione di montagna, strade sterrate senza alcun rumore che non sia naturale o che non sia il classico tintinnio dei battagli  delle mucche. Una cosa che mi colpisce su in cima, è la maglietta di un pellegrino francese morto il giorno prima di infarto durante il cammino. Mi ha messo un pò di tristezza oltre che ad alimentare la mia ipocondria. Come già detto all'inizio, ci sono durante la via molte lapidi funebri di gente deceduta sul cammino per cause naturali. Questa crea ancora più dispiacere essendo l'incidente avvenuto il giorno prima. Scendendo verso valle arriviamo a Triacastela, dove incontriamo molti compagni di cammino fra cui Giulia ed Antonio, che hanno già preso posto in Albergue. Io decido di continuare verso San Xil. Il cammino da qui in poi si dirama in due direzioni, via San Xil più corto ma in salita, e via Samos, più lungo ma pianeggiante. Si ricongiunge a Sarria. Eros vuole anch'egli continuare, e dopo circa 3 km da Triacastela troviamo un paese fantasma, a Balsa, abbandonato forse da più di 50 anni, dove si sente solo l'odore del bestiame e dove c'è un unico albergue rifugio ecologico gestito da Italiani. Una ragazza, credo Romagnola, insieme alla madre e due bambini, ci  accoglie accompagnandoci sotto nella camerata dove ci sono le brande e le doccie. Un ampio giardino con un lavabo per il bucato, un grande tavolone per la cena ed un aerea nel bosco di fronte con delle amache e delle tende. Questo era il rifugio in mezzo al nulla. Ci era stato suggerito il giorno prima dal tizio di A Faba, infatti è molto simile come stile, ecologico, cucina vegetariana e il più naturale possibile. 

Amaca nel bosco, A Balsa

Proprio da quell'amaca sto cercando di prendere appunti per scrivere questo blog, e nel mentre noto un paio di tende da campeggio, pronte per essere usate, una ragazza Australiana ne approfitta subito, ed io subito dopo di lei ne occupo un'altra liberando il letto nel dormitorio. Fatta una bella doccia ed il bucato, si cena in comune, con un piatto vegetariano dove delle uova fanno da fonte proteica. Al tavolo ci stanno varie nazionalità, degli Olandesi, Australiani, Italiani, Francesi e Americani, Tedeschi e Svizzeri. Bianca, una ragazza Olandese che incontrerò altre volte in questi ultimi giorni fino a Santiago, è partita da pochi giorni da Leon, e si diverte a sentire che molti di noi sono partiti dalla Francia e sono in marcia da più di un mese. Finita la cena si va a dormire, io nella tenda, altri due ragazzi come me, Eros e tutti gli altri nel dormitorio. La tenda oltre a farmi sentire il freddo della montagna durante la notte, mi ha fatto incontrare qualche ospite del bosco.

Uno degli ospiti del bosco

La mattina seguente si parte per Sarria insieme ad Eros, le prime due ore sono abbastanza pesanti, non abbiamo fatto colazione ed è tutto disabitato fino ad un piccolo villaggio chiamato Furela, dove con una deviazione di 0,5 km si arriva ad una bar per uno spuntino a base di 2 uova a testa, pancetta, toast, empanada e due succhi di arancia. Subito dopo ci rimettiamo in cammino per Sarria che raggiungiamo con facilità verso l'ora di pranzo, piccola pausa dissetante e ancora in cammino. Non c'è una meta fissa, ma visto che da qui in poi il cammino è veramente una processione, le mete principali sono quasi sempre strapiene di gente, e la confusione ed il pandemonio  fanno perdere il vero significato del cammino, quindi decidiamo di proseguire oltre. Da Sarria infatti mancano 100km a Santiago e la regola dice che il minimo da fare in cammino per ottenere il certificato chiamato "Compostela" è appunto 100km. Moltissimi sono i gruppi e le scuole a percorrere questi ultimi 100km.


Villaggio fra San Xil e Sarria

Subito dopo Sarria io ed Eros troviamo un albergue con Piscina, all'entrata del Pueblo Barbadelo. Non esitiamo un minuto a prendere posto e ritroviamo pure Jesus, Vanessa e Bianca che poi finiranno allo stesso tavolo con noi per la cena. Pomeriggio in Piscina, a prendere sole e a sorseggiare qualche "clara". La cena è diversa dal solito, infatti optiamo per il ristorante dell'albergue che è  tipico Gallego, a la carte, ordiamo piatti di pesce e vino della Galizia. Si sta tutta la sera a chiaccherare e socializzare con gli Spagnoli e l'Olandese, fino a che la stanchezza non ci porta a letto a dormire. 

Tipica segnaletica in Galizia, 109 km a Santiago






martedì 23 giugno 2015

Da Molinaseca a "A Faba" con sosta a Villafranca del Bierzo

"Con quella eterna febbre in noi per ciò che non siamo mai stati, andiamo per campare, già delusi e stanchi, viviamo come zebre e poi rinchiusi dentro gli steccati, illusi di sembrare dei cavalli bianchi" C. Baglioni
Nido di una cicogna

Tra la fauna del posto quella che risalta di più è la cicogna. Questo uccello nidifica nei posti più improbabili, pali della luce, in cime alle fumarole dei caminetti, sui campanili, ovunque dove nessun altro animale in grado di mettere in pericolo i propri piccoli sia in grado di arrivare. 
Si parte alla via di Ponferrada, ad 8 km da Molinaseca, quello che spero di trovare è un zapatero, ossia un calzolaio, le mie scarpe si sono scucite dai lati, e vorrei finire il cammino con esse, solo per il semplice fatto che sono comode e non mi hanno dato nessun segno di grande fastidio. Arrivato a Ponferrada scopro che il Calzolaio apre alle 10 ed ho il tempo di una bella colazione davanti al castello, che oggi essendo lunedì è chiuso. E' strano come le popolazioni del sud Europa, noi latini, abbiamo la capacità di bloccare un business solo perchè è lunedì, oppure è pomeriggio ed è ora del sonnellino o siesta, oppure perchè c'è un problema di natura incerta. Dopo 5 anni in Irlanda ed in giro per l'Europa posso affermare che tutto ciò è un'usanza solo del sud Europa. Niente visita al Castello dunque, e dopo colazione si và verso il calzolaio, che trovo con facilità e che per fortuna ripara le mie scarpe in poco meno di mezz'ora. Eros decide di rimanere con me e verso le 11 usciamo da Ponferrada verso Villafranca del Bierzo a 22 km. La strada è pianeggiante, ma il caldo è soffocante. E' una giornata lunghissima, arrivati a Pieros deviamo per dei vigneti, dove prima di Villafranca incontriamo un unico villaggio disabitato, con un punto di ristoro per pellegrini ormai chiuso. E' tardi, decido di fare una telefonata ad un Albergue che ho trovato su un volantino attaccato ad un albero, per paura di non trovare posto, sia per l'orario che per la stanchezza. Chiamo ed una donna mi risponde e mi conferma che ha 2 posti letto per me e per Eros, una camera doppia, e dopo qualche ora, ormai le 7 di sera, arriviamo a Villafranca del Bierzo. Anche qui il paesaggio è ricco di ciliegi che carichi di frutta sembrano disegnati su una tela. Siamo nel Bierzo, una zona conosciuta appunto per le ciliege. Dopo una bella doccia nell'albergue de la Piedra, naturalmente alla fine del paese, ma comunque nuovissimo e pulitissimo, facciamo subito lavadora e secadora, spesa al supermercato e cena preparata da me. Reincontriamo Giulia la ragazza veneta che è con dei suoi amici, esattamente amici dei genitori che hanno appena finito di cenare e ci offrono dell'anguria. La nostra cena è farfalle all'amatriciana. Mezzo kilo. La notte passa con un sonno profondo come non mai. 

Castello di Ponferrada

Si parte con le gambe a pezzi, Eros implora pietà per una caviglia gonfia, quasi fuori uso. Sappiamo che da qui in poi c'è una lunga e inclinata salita che porta fino al valico di o'cebreiro, si parte da 500mslm fino a 1300mslm. Non c'è una tappa fissa oggi per me e per Eros, forse O'Cebreiro, ma decideremo strada facendo. I primi 18 km sono pianeggianti fino a Vega de Valcarce dove ci fermiamo per la pausa pranzo. La strada costeggia un torrente, tanti sono i punti dove si trovano dei grandi tronchi d'albero utilizzati da alcune aziende che lavorano il legno sul posto. I villaggi sono i soliti classici di montagna, con un discreto livello demografico rispetto ai villaggi delle mesetas. Un furgone suona il clacson e rallenta ogni volta che arriva ai portoni di alcune case. E' un fornaio che consegna il pane a domicilio, alcuni paesi non hanno nemmeno il negozietto di alimentari, solo un bar che ha qualcosa di prima necessità. Tanti i punti vendita di ciliege per strada, e tante sono le volte che ci fermiamo a comprarle. Dopo la pausa pranzo con empanada di tonno, una sorta di pizza ripiena con tonno, capperi olive e pomodoro, cominciamo a salire per il punto più ripido del cammino dopo il primo giorno a San Jean Pied de Port. 

Cascate a Villafranca del Bierzo

Da Vega de Valcarce saliamo per 8 km circa fino a "A Faba", piccolo villaggio a 5 km da O'Cebreiro. Siamo quasi a 1000mslm, deciadiamo insieme ad Eros di fermarci qui per la notte, e troviamo un posto spettacolare tra i più belli del cammino. Un piccolo rifugio chiamato proprio "Rifugio", con 9 brande ed una turca con una doccia in mezzo alla camera tutta in legno. 

Eros e il piccolo rifugio con il bagno sopraelevato

Il posto è sprovvisto di wi fi, per trovarla dobbiamo andare all'unico bar del paese a 50 metri, prendendoci una birra e telefonando a casa. La cena al rifugio è spettacolare, tutti prodotti di orto, frittata con formaggio, pane e vino di casa. Con noi cena una coppia di simpaticissimi Spagnoli che incontreremo più volte nel cammino, Jesus e Vanessa. Parliamo tutta la sera, del cammino, delle nostre esperienze, il tutto allietato da vino di casa che facilita e diverte la conversazione sempre di più. Il posto è gestito da un tipo che ha fatto il cammino credo 7-8 volte, persino d'Inverno, e una ragazza brasiliana che fa da Hospitalera. Il salone, grande, in legno con un caminetto acceso che nonostante sia giugno con un gran caldo, subito dopo il tramonto e con una temperatura sui 15 gradi essendo in montagna, diventa piacevole. Dopo una lunga cena ed una bellissima conversazione con hospitaleri e la coppia di Spagnoli, si va a dormire in questi letti di legno attaccati al soffitto, con altri 3 tedeschi che hanno solo preso il posto letto per dormire, cenando al bar non molto distante da lì.





domenica 21 giugno 2015

Rabanal del Cammino, Cruz de Ferro e Molinaseca.

"io allora presi via con me pronto a sfidare le mie stelle" C. Baglioni

Piccola area con tende per passare la notte a Rabanal del Cammino

La mattina del 20 giugno si parte insieme ad Eros dopo le 9 del mattino, quelle montagne ormai intraviste da qualche giorno sono alle porte, e subito dopo Astorga si incomincia a salire piano piano. Per molti la meta di oggi è Foncebadon, ultimo villaggio prima di cruz de ferro, un'importante punto sulla via verso Santiago, un segno che manca poco meno di una settimana all'arrivo. Io decido di restare a Rabanal del cammino, qui, in questo parco tende, dove per puro caso ci siamo fermati insieme ad Eros e Antonio sotto un albero di ciliege come dei viandanti affaticati pronti per essere ristorati. Mi ha sempre affascinato dormire in tenda, anche se non ho mai quasi fatto questo tipo di attività da piccolo, ed ora queste sono le prime volte che mi capita di provare questa esperienza. Eros è abituato, in quanto la sua gioventù è stata anche coinvolta tra i lupacchiotti dei "boys scout". Il tizio che aveva in gestione quest'area con le tende, aveva anche una piccola tienda dove poter fare spesa. Il villaggio di Rabanal è piccolo, storico, e con poche strutture adibite ai pellegrini, null'altro. Per la maggior parte, le case del paesino sono disabitate. Un unico bar del paese dove si trovano delle camere per pellegrini, ha anche un discreto segnale wi fi, ed oggi è il giorno che decido di comprare il biglietto per il ritorno, ormai sono in cammino da 22 giorni, Santiago è ad una settimana e il biglietto è tra 16 giorni. Una buona offerta da Santiago a Roma mi ha fatto procedere per l'operazione, convinto che se fosse cambiato qualcosa comunque non avrei esitato a rifare un'altro biglietto.
Fra Astorga e Rabanal

La serata passa con alcuni compagni di cammino ormai incontrati parecchie volte, cena al municipale e poi la notte passata in tenda. Notte freschissima, aria di montagna, sacco a pelo e maglioncino, quiete, pace, solo stelle ed alcuni grilli ad allietare il tutto. Una particolarissima sensazione di benessere che solo la montagna può dare. 
La mattina seguente si parte da Rabanal verso le 6.30, dopo pochi km arriviamo a Foncebadon, un altro villaggio desolato e abbandonato ma con un unica grande struttura capace di ospitare i pellegrini. Anche la via principale del paese è in terra battuta, e non c'è altro che alcune mandrie di bestiame guidati dai loro pastori. Dopo altri 4 km circa si arriva Cruz de Ferro. Salendo da un bosco troviamo davanti un enorme palo di legno con in cima una croce di ferro, ed un mucchio gigante di pietruzze lasciate da ogni pellegrino passato da lì nei secoli, che sostiene lo stesso palo. La tradizione vuole, che i pellegrini trasportino una pietra dal punto di inizio del cammino fino a Cruz De Ferro, proporzionata ai peccati di cui ci si vuole liberare. Qualcuno lascia oggetti personali, che conferiscono alla croce un aspetto pittoresco. Anticamente nel posto dove c'è la Cruz De Ferro, sorgeva un tempio pagano dedicato a Mercurio, protettore dei cammini. Da questo punto, Santiago dista solo 250 km.
Cruz de Ferro

Subito dopo Cruz de Ferro, una  discesa porta verso Molinaseca, un villaggio a 8 km da Ponferrada, meta delle principali guide e dei principali pellegrini di oggi. La discesa è molto ripida e rocciosa, raccomando i bastoni da trekking a chiunque, il caldo vero di Giugno è arrivato e non esita a farsi sentire. Passo dei paesini di montagna spettacolari, dei piccoli centri storici medievali, con buone strutture ricettive non solo per i pellegrini ma anche per il periodo invernale. Scendendo verso valle incontro parecchie persone che cercano riparo dal sole sotto gli alberi, ormai sono le ore centrali del giorno ed il sole dà il massimo per potersi imporre come solo lui sà fare. Ad ogni villaggio c'è gente del posto che offre cerezas ai pellegrini, cioè ciliege, siamo a giugno ed alle porte della Galizia, qui sono ottime, ed essendo in piena stagione, anche abbondanti. In alcune case si sente il classico odore di cucina di paese, quando passi per le viuzze, la gente prepara il pranzo e riempe di profumi tutto il villaggio. Io ed Eros ci fermiamo ad un bar per la pausa pranzo dove incontriamo parecchia gente nuova, partita per il cammino solo negli ultimi giorni, da Leon o Astorga. 
Scendiamo verso valle, con Eros e Antonio ed arrivati a Molinaseca ciò che vediamo è meraviglioso: un fiume che forma delle piscine naturali. Non esitiamo un attimo a toglierci zaino, scarpe e maglietta per poterci tuffare in quelle acque gelide ma spettacolari per i muscoli, per il corpo e per la mente. 

Fiume e ponte di Molinaseca, dopo il tramonto

Decidiamo dopo un bagno rigenerante di rimanere a Molinaseca, io, Eros e Antonio. Ma da adesso in poi è veramente difficile trovare posto per dormire, il cammino comincia ad essere molto trafficato e le strutture alle 3 del pomeriggio sono quasi tutte al completo. Dopo una perlustrazione della zona, troviamo una casa rurale con 3 letti liberi, un letto matrimoniale dove dormiremo io ed Eros, e un letto in mezzo a dei pellegrini Irlandesi dove finirà Antonio, che dopo averci dialogato 20 secondi viene da noi dicendoci: questi non mi capiscono! 
Cena a base di una pasta al ragù fatta in Spagna. Come forse già accennato, vi consiglio di provare di tutto in Spagna,  sono molto simili a noi Italiani in tutto e per tutto, dalla lingua, al cibo, alle tradizioni. Moltissimi piatti sono di base con ingredienti mediterranei, olio di oliva, pomodoro, verdure, carne e legumi. Ma la pasta no. Purtroppo no. 





venerdì 19 giugno 2015

Da Leon ad Astorga via Villar de Mazarife

"Un altro sole in più saliva sulla strada ed io scendevo giù con passi da impostore, e intinsi dentro il blu la punta di una spada" C. Baglioni


Pochi km dopo Leon verso Villar de Mazarife

Entrate ed uscite delle grandi città non sono il massimo della bellezza a livello paesaggistico. Infatti anche Leon ha questo handicap, per 10 km cammino in continuazione in una grande zona industriale e periferica della città senza nulla che mi trattenga un minuto in più. Cammino insieme ad Eros ed Antonio che ad un certo punto dopo pochi km da Leon prende un'altra direzione rispetto alla nostra. Infatti il cammino si biforca in 2 vie, una verso Villar de Mazarife, presa da me ed Eros, l'altra verso San Martin del Camino presa da lui dove poi incontrerà nuovamente Giulia, la ragazza veneta fisioterapista. Le due strade si ricongiungeranno ad Astorga. E' la vigilia del mio 29esimo compleanno, e sto pensando a questi anni vissuti fin'ora,  quanto è stato bello il decennio dei 20 anni,  quanta saggezza mi ha portato, grazie soprattutto al fatto di aver vissuto un'altra grande esperienza all'estero, dove tutto funziona come dovrebbe, dove esiste una grande flessibilità nel mondo del lavoro, non una grande precarietà. E questo è un elemento fondamentale per la crescita sia professionale che personale. 
Arriviamo insieme ad Eros a Villar de Mazarife, albergue San Antonio di Padova, uno dei più belli del cammino nella top 5, ampio giardino, dormitorio grande e camere con 2 o 3 letti. Io ed Eros optiamo per una camera da 2 e per la cena comunitaria, tutta vegetariana con ingredienti ottimi, olio extra vergine di produzione locale, zuppa, paella, insalata, pane fresco e dolce. Anche il vino casero era eccezionale. Colazione all'indomani con yogurt, cereali, toast, marmellata ed uova. Diciamo uno dei posti migliori, forse il migliore per il rapporto qualità prezzo. Nel pomeriggio esco per andare a fare un giro in centro villaggio, a 300 metri circa dall'albergue. Trovo qualche negozietto di alimentari, dove compro subito 2 fette di anguria, della frutta per l'indomani e qualcos'altro di prima necessità. Mi incuriosisce un tizio anziano sulla porta della sua abitazione dove c'era una vecchia targa con scritto Museo del Telefono, ingresso libero. Entro e faccio un giro. E' davvero un museo del telefono, dal primo telefono della storia fino ai più moderni apparecchi prima dell'avvento degli smartphone,  ai telefoni utilizzati durante le due guerre mondiali dai grandi generali e dai grandi potenti di quel periodo, persino un telefono del terzo Reich, proveniente dalla Germania. Il signore, sui 75 anni, era ormai in pensione, ma ha passato tutta la sua vita lavorando con i telefoni, prima come telegrafista e poi con la compagnia principale Spagnola, quella che potrebbe essere da noi la Telecom. Sul muro un poster del Generale Franco, il dittatore Spagnolo morto nel 1975, rimasto al potere fino alla sua morte per 36 anni. Comincia a parlare del periodo di Franco, della dittatura, del legame con l'Italia di Mussolini e della morte dello stesso. Io lo ascolto come un ragazzo ascolta il racconto di suo nonno. 

Alcuni telefoni dentro il "Museo dei telefoni"

Il tizio alla fine del tour dentro la sua abitazione mi porta in una specie di laboratorio dove mi fa vedere cosa effettivamente faceva negli anni passati con i telefoni, le riparazioni e tutto il resto. C'era anche un grande bicchierone con su scritto  "donativo", cioè ingresso si, gratuito, ma se lasciate qualcosa non mi offendo. Gli faccio notare che non avevo denaro con me, nient'altro che una banconota da 50 euro che non mi sembrava il caso di prenderla in considerazione, ma che all'indomani mattina avrei lasciato delle monete nella sua cassetta della posta, avendole dimenticate in camera. Mi mostra dove lasciarle, cioè sotto la porta, quasi volesse assicurarsi che non mi dimentichi e che davvero all'indomani compia il gesto quasi dovuto. 

Cena comunitaria a Villar de Mazarife, capelli lunghi, barba da tagliaboschi e fisico da muratore siciliano

La notte passa veloce,e all'indomani dopo la bella colazione si parte verso Astorga, con quasi 30 km di strada. La prima cosa che ho fatto è stata quella di lasciare un paio di euro sotto la porta del tizio dei telefoni. Oggi è il mio 29esimo compleanno, ho promesso a me stesso ed Eros, per la prima volta di prendere un hotel vero, confortevole,con letti comodi e lenzuola profumate. 
Le mesetas stanno scomparendo e con esse anche il tempo fresco che mi ha fatto compagnia per tutta la durata delle stesse, si cominciano in lontananza a vedere le cime di una catena montuosa che bisogna attraversare, e che ci introducono in Galizia, ultima regione Spagnola, con un clima continentale influenzato dall'oceano atlantico.
Ma per oggi si cammina ancora sul pianeggiante, tranquilli i 30 km che ci separano da Astorga, passano in 7 ore circa, ed una volta arrivato, come già detto prendo camera insieme ad Eros in hotel, proprio al centro della città. Pomeriggio aperitivo con Antonio e gli altri, giro in città e cena tipica del posto, cocido maragato, un piatto enorme tipo il nostro bollito, con 7-8 tipi di carne, servito con ceci, pomodoro e verza, della pastina nello stesso brodo e vino rosso. Un incredibile bomba ma che andava assaggiata. 
Astorga, Cattedrale

Cocido Maragato

martedì 16 giugno 2015

Da Bercianos a Leon con sosta a Mansilla De Las Mulas.

"E poi non vedi mai ciò che pensi che incontrerai, ma trovi sempre quello che non hai pensato mai" C. Baglioni


Dove ce ne andremo con il sole in fronte di là di là dal ponte

Decido di fare la prima parte della camminata da solo, credo sia una delle cose più belle che si possa fare nel cammino, quella di camminare da soli. Dopo i primi km mi fermo in un villaggio per colazione con un buon pane fresco e jamon, un pezzo di tortilla e un zumo de naraja. Molta gente è stanca e zoppicante, io spero sempre di riuscire a completare il cammino con le mie gambe, perchè mi rendo conto che fare 900 km con un minimo di 12 kg sulle spalle non è semplice per il corpo. Ma il dolore ai tendini è meno forte della volontà di continuare ad esplorare questo meraviglioso percorso che mi porta prima fino a Santiago, e poi in caso di una buona scorta di energie rimaste, fino all'oceano atlantico. A el Burgo Ranero incontro di nuovo la brigata, Eros, Antonio e Romeo che ancora sente i postumi dei decimi di febbre del giorno prima. Si cammina insieme fino a Mansilla de las Mulas ultimo villaggio prima di Leon. La velocità non è ai massimi come i primi giorni, ci fermiamo più spesso e camminiamo con molta calma. La stanchezza comincia farsi sentire per tutti. Abbiamo preso posto in un albergue all'entrata della città, mentre abbiamo cenato in un posticino dietro il municipale dove altri compagni di avventura ci aspettavano per banchettare insieme. Il paesello, piccolo e ben attrezzato, in quanto vicinissimo a Leon, è un borgo medievale, che ha le stesse identiche caratteristiche di un nostro borgo Italiano, generi alimentari dove ognuno si saluta con tono deciso e amichevole, ma con sguardo pettegolo e scrutatore, vecchi sulle panchine della piazza a veder giocare dei bambini con una fontana, un pastore tedesco a spasso con il padrone e scooter in giro per le viuzze con guidatori senza casco. Mi fermo a scambiare quattro chiacchere con un paio di vecchietti, i discorsi sono classici; pioggia in estate, non va bene per il raccolto, anche perchè è giugno ed è il tempo della mietitura, malgoverno, crisi etc etc. Anche nel parlare mi sento a casa, la familiarità della lingua è veramente unica. Senza mai aver studiato lo spagnolo riesco a dialogare con questa gente che è veramente autoctona, e non prova minimamente a venirmi incontro con altri vocaboli se non quei pochi che conoscono della loro stessa lingua. 

Tipiche abitazioni scavate nella terra 

Tra Bercianos e Mansilla ho incontrato parecchie abitazioni ormai spopolate, scavate dentro la terra su una piccola collinetta. Qualcuna ancora intatta, mutata in qualche cantina o fienile e rifugio per i pascoli.   

Fontana di Valdelafuente 7 km prima di Leon

 Passata la notte a Mansilla de las Mulas il mattino seguente con calma si parte per Leon, sono solo 18 km, e via in marcia con un bel pane caldo appena preso da un forno sulla via, che poi mangeremo a Leon una volta arrivati in albergue. Il gruppo è il solito formato da me, Antonio, Eros e Romeo. Pochi km prima di Leon esattamente a Valdelafuente, c'è una fontana di pietra che fa anche da abbeveratoio per i pascoli, un bel posto per dissetarsi e riposarsi. Infatti per quasi un'ora rimaniamo fermi lì a veder passare i pellegrini che quasi come una gara non vedono l'ora di arrivare a Leon. Un episodio che ricorderò sempre è un pellegrino spagnolo che chiede aiuto a Eros per eliminare le vesciche che si sono formate sotto i piedi, con un ago e del filo. Come forse già accennato all'inizio del blog, ago e filo sono "indispensabili" per il cammino, in quanto aiutano ad eliminare le vesciche con facilità. Ma la cosa più bella di questo episodio è stata la faccia di Eros mentre operava sotto i piedi di questo sconosciuto come un dottore in sala operatoria mentre leva un'appendicite.

Eros mentre effettua un'operazione delicata

Dalla fontana ripartiamo ed insieme a noi si aggiunge Giulia, una ragazza veneta appena laureata in fisioterapia, carina e gentile, e di un'educazione fuori dal comune. Chiaccheriamo un pò, della situazione lavorativa, dei progetti futuri, del periodo buio e incerto che affrontano i ragazzi in Italia, soprattutto paragonando la mia esperienza all'estero con ciò che ancora accade oggi in Italia. Intanto arriviamo alle porte di Leon, e su suggerimento di Erik, un altro ragazzo veneto già incontrato parecchie volte nei giorni addietro, andiamo a prendere posto nell'albergue "San Francesco di Assisi" un pò fuori dal centro storico, ma non più di 600 metri a piedi. Un posticino stile Hostello, con camere da 4 letti, dove prendiamo posto io, Eros, Antonio e Romeo. 

Cartello di Benvenuto a Leon

Finalmente sistemati in camera diamo libero sfogo alla consumazione del pane preso in mattinata, con Cecina, che è una specie di Bresaola iberica, queso e pomodoro. Dopo una bella doccia, il lavaggio della biancheria al piano di sotto e l'asciugatura della stessa, usciamo per andare in città. 

Cattedrale gotica di Leon

E' una città con un'inteso turismo, ricca di monumenti di epoca romana, medievale e moderna, nonchè punto di passaggio nel cammino di Santiago. 
Nel pomeriggio incontro di nuovo i 3 giovani ragazzi veneti che da San jean Pied de Port mi faranno compagnia fino a Santiago, Marco, Luca e Samuele, e si decide di andare a mangiare una pizza Italiana in un locale che sembrerebbe autentico, Vespa 50. Ma prima di cena ci facciamo un aperitivo in zona centrale, con tutto il resto della ciurma.

Aperitivo a Leon

Questa è una di quelle foto che a volte mi fermo a guardare a lungo e a riflettere: 6 persone, tutti sconosciuti tra di loro (a parte io ed Eros ovviamente), tutti uniti da un unico obbiettivo, arrivare a Santiago. Perchè? eppure fin'ora ero abituato a delle foto dove un gruppo di persone veniva unito per un motivo specifico, voluto da qualcosa o qualcuno. Scuola, lavoro, vacanze organizzate, chiesa, cerimonia, festa.  Questa è una foto di persone che non si conoscono fra di loro, ma che hanno le stesse identiche emozioni, magari esternandole in maniera diversa, gli stessi identici pensieri, gli stessi identici dolori fisici, e gli stessi obbiettivi per questi giorni in cammino. Eppure solo chi ha percorso questa stessa strada capisce il significato di una foto così. 





domenica 14 giugno 2015

Da Villacalzar de Sirga a Bercianos del Camino in due giorni.

"Così si và non perchè ci sia qualche cosa poi, che è da vedere ma per vedere cosa c'è in noi" C. Baglioni
Classica freccia fatta dai pellegrini con dei sassi lungo la via 

Sveglia presto ed alle 7 già in marcia verso Carrion de los condes, laddove Eros e la brigata al completo hanno pernottato. Con calma dopo 6 km ed 1 ora e mezza abbondante arrivo a destinazione, giusto in tempo per cambiare il mio vecchio e rotto poncho da pioggia con uno nuovo, perchè il tempo non promette nulla di buono. Ma la cosa sorprendente è che da più di una settimana sono dentro le mesetas e c'è un tempo fresco da inizio primavera nonostante siamo a giugno inoltrato. E tutta l'ansia e la paura del sole che avrei potuto incontrare in questo vasto altopiano è solo un ricordo lontano. Tra Carrion de los Condes e Calzadilla de la Cueza ci sta un pezzo di meseta di 17 km completamente disabitato, solo grandi distese di grano e qualche spaventapasseri. Quindi è importante avere una buona scorta di acqua e cibo soprattutto se il sole è da vero mese di giugno. Appena dopo l'uscita del villaggio di Carrion, trovo in mezzo all'asfalto due piccoli gatti, due cuccioli nati da poco che cerco di portare sul marciapiede evitando che qualche macchina li metta sotto e sperando che qualcuno si possa prendere cura di loro. Dopo un paio di ore di camminata, una piccola aerea adibita alla sosta con tavoli e sedie, mi fa incontrare dopo 3 giorni, Eros e compagni che stanno godendo della pausa pranzo. Non trovo Salvatore, che è rimasto indietro insieme ad uno dei ragazzi veneti per affaticamento ai tendini e dolori forti. Ma insieme ad Eros ed al resto della ciurma, arrivano dopo pochi minuti i due piccoli gatti, che qualcuno ha portato con se. Ci rimettiamo subito in cammino verso Calzadilla de la Cueza, dove dopo un paio di ore ci sediamo comodamente ad un punto di ristoro con birra e limonata detta clara in spagna, alici marinate, pane ed un gelato. Decidiamo, dopo una breve visita all'albergue municipale, forse l'unico a Calzadilla, di proseguire verso Ledigos. Il tizio è stato parecchio scortese, e poi molti pellegrini ci hanno comunicato che la struttura era sporca e mal curata. Da evitare. Ledigos è a soli 6 km, quindi con un'ottima dose di buona volontà in meno di un'ora e mezza saremmo arrivati a destinazione.

I due gattini in mezzo alla strada verso Calzadilla

Un pellegrino speciale

Lungo la via dei 17 km senza villaggi tra Carrion e Calzadilla

Ledigos è un minuscolo villaggio che è ancora in vita grazie al cammino di Santiago, come la maggior parte dei villaggi di tutto il cammino. Molti sono infatti, i paesi fantasma incontrati dove non c'è nulla e il tempo sembra essersi fermato ad anni addietro. L'unico albergue è suddiviso in due piani, piano terra con letti a castello e la mansarda di legno con  letti singoli. Decidiamo di prendere i letti singoli sulla mansarda, anche perchè il signore americano affetto da sinusite o non so cosa, che mi ha fatto passare le pene dell'inferno a Burgos russando 9 ore di fila, è qui. E dorme per fortuna sotto. Dopo una piacevolissima doccia rigenerante, insieme ad Antonio, andiamo dietro l'albergue per "rubare delle ciliegie" in un grande albero pieno zeppo. Per cena decidiamo insieme a Erik, un ragazzo veneto, credo Padovano, di cucinarci qualcosa da noi, facendo la spesa in comune con un paio di euro. Beh la cucina era in condizioni pessime, ma dopo aver disinfettato tutta l'aerea abbiamo cominciato a preparare il pasto, pasta in bianco con olio di oliva e tonno in scatola, un pò perchè non volevamo toccare altri utensili per cuocere altro, ed un pò per disintossicare l'organismo da ciò che comunque ogni giorno mangiamo. Romeo, un ragazzo salentino che camminerà con noi per altre tappe, ha decimi di febbre e si mette a letto subito dopo l'arrivo al villaggio. Dopo la "piacevole cena" andiamo a letto con un tempo freschissimo. 
Altri 27 km ci aspettano fino a Bercianos del real Camino, 9 ore di camminata con molta tranquillità. Infatti sfossatezza e stanchezza si fanno sentire. Spero di arrivare a Santiago con le mie forze, è l'unica cosa che voglio, non dover utilizzare nulla se non le mie gambe per finire il percorso.

Tappa verso Bercianos

376 km a Santiago

Gregge in mezzo alle mesetas

Divertente "divieto"

Questa immagina divertente, il divieto alla defecazione, ha anche il suo perchè. Molti contadini sono ormai stanchi di trovare dei punti di "defecazione" dentro i loro terreni, infatti i pellegrini molte volte usuffruiscono di alcuni punti "vietati". E' normale bisogno fiosiologico, ma bisogna saper scegliere le zone adatte. L'abergue parroquial suggeritomi dalla mia ragazza è il punto di sosta per questa notte. Donativo e comprendente di cena e colazione. E' un posto gestito da Italiani, subito felici di accoglierci. Tanto stretching e massaggi alle gambe, doccia, e cena preparata da un tizio Italiano incontrato a San Nicola Punete Fitero, ormai al suo quarto o quinto cammino. Pasta al pomodoro, fagioli e frutta. E per finire, per la gioia di Antonio, inni nazionali cantati come se fossimo all'asilo, con tutti i pellegrini, naturalmente suddivisi per nazionalità. Antonio sparisce senza più far ritorno se non per dormire. 

Io ed Eros a riposo