sabato 27 giugno 2015

Verso Portomarin e San Xiao do Camino.

"In questa notte di ragnatele, di fili notturni sul mio viso, l'alito largo del vento mi segue annusando i pantaloni, e quante dita stanno acchiappando note che cadono giù dal paradiso, e le giornate si chiudono dentro le serrature dei portoni" C. Baglioni


Bosco in Galizia, verso Portomarin

La mattina seguente dopo una bella colazione insieme al gruppo della sera precedente, ci incamminiamo verso Portomarin, con molta calma e osservando il paesaggio boschivo della Galizia. Sono meno di 20 km fino a Portomarin ed un paio di villaggi prima ci fermiamo in aerea di ristoro con amache ed un bel giardino per pranzare e riposare. Incontro parecchia gente conosciuta durante l'intero percorso, dalla ragazza Italo-Americana Nikole ad una coppia di Brasiliani che viaggia insieme ad un'altra coppia, lei Olandese, lui Belga. La ragazza Brasiliana ha origini calabresi ed ogni tanto mi parla in dialetto, credo dalla zona del Crotonese da quel poco che riesce a dire in arcaico. Sono rimasto più di 2 ore in questo posto, sia ad osservare i pellegrini che come dei viandanti affaticati trovavano ristoro e riposo in quest'oasi, ed anche ad osservare le facce stanche dei lavoratori del bar-ristorante che sembravano uguali alla mia o di chi come me lavora nel settore ospitalità, sorriso falso di cortesia (non sempre in Spagna ed Italia comunque), occhi rossi dalla stanchezza e dalla frustrazione, mai un week end disponibile per cercare di capire il perchè uno è nato, e il pensiero all'indomani mattina quando suonerà la sveglia per ripetere la stessa identica cosa del giorno prima. Lasciata l'oasi si riprosegue e dopo qualche kilometro arriviamo a Portomarin.

Fiume Mino che attraversa Portomarin

Scendendo da Vilacha si intravede un maestoso ponte di epoca Romana poi distrutto e ricostrito nel medioevo da dove nasce il nome della città, appunto Portomarin. Una rinfrescatina giù al fiume e poi partenza verso Ligonde almeno questa è la mia idea. Eros rimane insieme ad altri proprio lì, stanco e distrutto. Io proseguo oltre ma dopo pochi kilometri mi accorgo che comunque è pomeriggio inoltrato e che dovrei cercare di trovare una soluzione al più presto essendo in questa ultima parte del cammino. Potrei rischiare di rimanere senza un posto letto. Ma la cosa mi affascina pure. Una cosa curiosa incontrata lungo la via è una macchina che spruzza una sorta di medicinale lungo il bordo della strada, ed io mentre passo mi faccio mille pensieri su che genere di prodotto sto respirando, e sul perchè i tizi che la passano hanno una mascherina sul naso. Entro in un bosco, sono le sei e mezza del pomeriggio, da lontano noto una ragazza a terra con il suo zaino accanto, mi avvicino e scopro che si tratta di Bianca, la ragazza Olandese della sera precedente, che sta facendo un pò di stretching perchè ha dei crampi. Mi confessa che è un pò preoccupata perchè non vorrebbe dormire fuori, in quanto tardi e con moltissimi pellegrini in cerca di una sistemazione. La stessa cosa l'ho pensata anche io, ma sono meno preoccupato. Dalle mappe e dal telefono noto che sono vicinissimo a Gonzar, una piccolissima contrada a 8 kilometri da Portomarin. Mancano solo 2 km all'unico posto che fa da albergue e ristorante, una sorta di agriturismo con una camerata grande per i pellegrini. Sono le 7 e un quarto di sera quando insieme a Bianca arrivo per chiedere un letto con la preoccupazione che fosse tutto occupato. L'hospitalera ci dice che hanno ancora 3 o 4 letti disponibili, e nel mentre,  arrivano i 2 Spagnoli, Jesus e Vanessa. I letti per fortuna sono 4, ma la coppia di Spagnoli ha poca disponibilità in contanti, giusto quella per pagare i letti ma non per cenare. Il posto non accetta carte di credito. Mi faccio avanti per aiutarli in quanto volevano anche poter cenare e non avevano la forza di continuare per trovare un villaggio o un posto che accettasse le carte come metodo di pagamento. Anche se gli hospitaleri gli stavano offrendo comunque del pane con qualcosa, gli do ugualmente 50 euro in modo che non fossero preoccupati, e gli dico pure di stare tranquilli che da qui a Santiago, anche se mancano pochi giorni me li avrebbero ridati. Dopo una bella doccia, chiedo ai gestori di indicarmi il posto dove poter lavare e stendere i panni, mi indicano un posticino dietro l'albergue. Ci vado e trovo i lavabi con un grosso filo dove già sta appeso il bucato degli altri viandanti, ed attorno i muri rivestiti in marmo con fiori e candele. Già, eravamo nel cimitero del villaggio. Come già accennato il cimitero si trova dentro il paese in Galizia, e cercando di scoprire perchè, alcuni indigeni del posto mi spiegano che il vero significato di quest'antica tradizione di origine Celtica, è far capire a tutti che la vita e la morte viaggiano di pari passo, e che la morte è un momento della vita che tutti devono affrontare, nessuno escluso. Immagino le facce dei superstiziosi e dei tanafobici. Con il calare della sera, subito dopo il tramonto, si notavano molto bene le lucine dei vari loculi. La cena è a base di carne, un bel bisteccone di oltre 300 grammi di manzo alla griglia con un insalata. Ceniamo lo stesso gruppo della sera prima, escluso Eros, quindi io, Bianca e gli spagnoli, ma ognuno ordina a singhiozzo e per se, usiamo solo lo stesso tavolo in comune. Due bei bicchieri di vino rosso e poi a letto a riposare. Ma purtroppo non va proprio così. Tantissimi sono i rumori ancestrali, quasi come il primo tempo della quinta sinfonia di Beethoven. Decido di alzarmi, ormai in preda al nervosismo, e di uscire dalla camerata. Infatti proprio davanti alla stanza c'è una grande divano dove credo di potermi rilassare e magari provare a dormire. Non riesco proprio a prendere sonno,eppure sono molto stanco. Dopo un pò provo ad aprire la porta ed uscire dall'albergue cercando di fare il meno rumore possibile. La prima cosa che incontro, dopo naturalmente aver visto le lucine rosse delle lapidi mortuarie, sono due o tre gatti che mi guardano con l'aria affamata. Faccio una passeggiata intorno al Pueblo, sono si e no 5 o 6 case abitate, un cimitero e quell'albergue. Ci sono delle panchine proprio lì davanti al cimitero dove mi fermo per guardare un cielo stellatissimo senza luna, e pensare il perchè mi sto trovando nel cuore della notte in un cimitero della Galizia da solo, con uno zaino che in quel momento rappresenta tutto ciò che ho, e che cosa sto andando a fare a Santiago, ormai distante 2 o 3 giorni di cammino, tutto quello che mi è successo, tutto ciò che ho visto e incontrato durante questi giorni. Quel momento. Quell'attimo. Quell'attimo di eterno che non c'è. Non sono purtroppo uno scrittore, cerco per la prima volta in vita mia di riportare una esperienza diversa dal solito su questo blog, non saprei minimante da dove iniziare per scrivere in maniera corretta, usando una giusta sintassi e soprattutto una giusta grammatica. Però credo che mai come questa notte avrei voluto essere in grado di poter esprimere tutto ciò che mi sta passando per la mente e per il corpo, con le giuste parole. 
Mi accorgo che sta calando una fitta nebbia, un umidità tipica della mattina. E' anche questo un classico della Galizia. Siamo vicini all'oceano atlantico e il clima umido risalta soprattutto la mattina presto. Ed infatti sono quasi le 4. Decido ormai stanco di rientrare e cercare di dormire un pò. Ho passato una notte in bianco. Alla fine comunque, una bella notte in bianco. 
Rintro in camerata in silenzio. Mi metto sul letto con ancora un quintetto di fiati a fare da accompagnamento alla notte che sta per passare. Sto per addormentarmi e qualcuno si sveglia perchè ormai quasi le 5. In dormiveglia arrivo fino alle 7 e 30 quando ormai sono l'unico ancora in branda. Decido di saltare giù dal letto e con grande forza di volontà faccio una doccia rigenerante, mi cambio e parto deciso ed in piena forma. Almeno per le prime due ore. 
L'umidità è ancora nell'aria, mi incammino verso Ligonde, e affamato e stanchissimo mi fermo per la colazione in un piccolo bar qualche villaggio prima. Sento Eros che ha reincontrato Antonio e si trovano pochi kilometri dietro. Decido di rimettermi in marcia, la nebbia con il salire del sole piano piano scompare, e la giornata diventa finalmente mediterranea. Sento molto la stanchezza ed il fatto che la notte non abbia dormito quasi per niente. 

Tipico gruppo sui 100km di strada prima di Santiago

Tantissimi sono i gruppi che incontro oggi. Santiago e a 60 km circa. Passati diversi villaggi tra i quali Ligonde, arrivo più o meno all'ora di pranzo a Palas de Rei, trovo moltissimi compagni di avventura già sistemati per la notte. Riparto  da Palas de Rei verso Casanova, e all'uscita del paese incontro nuovamente la coppia di Spagnoli Jesus e Vanessa ai quali avevo prestato i 50 euro la sera prima. Mi chiamano subito per restituirmi il dovuto. Ringraziandoli li invito a camminare insieme per un pò, loro sono diretti a Melide, vorrebbero arrivare a Santiago dopodomani. A San Xil del Camino, o San Xiling, (essendo in Galizia troverete molte volte scritto il nome del paese sia in Spagnolo che in Gallego, che è il dialetto della regione, simile al Portoghese) decido di fermarmi in un piccolissimo albergue dove incontro di nuovo la coppia Brasiliana. L'albergue ha 12 posti letto, un bar-osteria ed una giardino con un lavabo e la zona per stendere il bucato. Molto pulito e ordinato rispetto ai soliti albergue del cammino. Non esco per niente dalla struttura, doccia, mi riposo, birretta pre cena e scrivo. La cena, nello stesso albergue, è comunitaria, e durante la stessa socializzo con alcuni nuovi pellegrini partiti negli ultimi giorni. Finalmente la notte dormo in maniera tranquilla senza alcun rumore e con un sonno molto profondo.






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